sabato, Aprile 20, 2024
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Dalle cronache dell’epoca storie di scrigni dimenticati. E negli anni ’50 ci fu chi propose di acquistare intere ville per poter scavare

A caccia di casse nei giardini

Oltre alle cassette sotterrate nel giardino di Villa Cervis ne furono occultate altre nei giardini di Gardone Riviera? Sfogliando i giornali di oltre mezzo secolo fa custoditi negli archivi, ecco il “Corriere della Sera” che nell’edizione del 15 febbraio 1950, così intitolava una breve nota: «L’altalena dei “tesori” a Gardone Riviera. Le due cassette sepolte valutate oltre due miliardi». E già nelle prime righe del servizio la spiegazione: «La notizia del presunto tesoro che i tedeschi avrebbero nascosto a Gardone nell’aprile 1945, continua a suscitare vivo interesse in tutta la regione del Garda, in quanto nuovi elementi fanno seriamente supporre che non si tratta di sola fantasia». La notizia si riferiva all’occultamento di oggetti preziosi (gioielli, lingotti d’oro, monete per un valore, appunto, di due miliardi degli anni Cinquanta) sepolti in due contenitori nel giardino in riva al lago della dipendenza di un albergo che il giornale milanese non cita, ma il cui nome si legge sul quotidiano bresciano: Villa Acquarone, dipendenza dell’Hotel Monte Baldo, già sede del comando militare tedesco l’Ortskommandatur durante la Repubblica di Salò. Due gruppi di residenti nell’Alto Adige si presentarono ai proprietari: uno con la speranza di ottenere il permesso di scavare nel giardino; l’altro per acquistare addirittura la villa «offrendo una cifra di gran lunga superiore al suo valore reale». Si parla – annota sempre il “Corriere” «di oltre 150 milioni di lire». Le ricerche vennero effettuate, non dagli altoatesini, ma dalla polizia, come si legge sul foglio bresciano del 22 febbraio 1950. «In realtà si è cercato anche con valenti radioestesisti, fra cui un sacerdote, ma con esito negativo. Il fatto però che la sorveglianza degli agenti prosegua tuttora, conferma le ipotesi che le speranze di poter rintracciare le famose cassette di ferro non sono ancora tramontate». Tre cassette di ferro – come già riferito nell’edizione di “Bresciaoggi” del 15 settembre – furono invece rinvenute una decina di giorni prima, il 9 febbraio, nel giardino di Villa Cervis, quasi segretamente. “La Gazzetta del Popolo” di Torino riferì, al proposito, che l’unico inquilino di Villa Cervis ad accorgersi dell’operazione di recupero dei bauli condotta dagli uomini del questore comm. Ferrara, fu il popolare clown Giacomino Cireni «noto in tutto il mondo e che, per oltre quindici anni, lavorò in Russia alla corte degli Zar. Conosciuto da tutti col semplice nome di Giacomino, l’ex clown è ancora vivo e vegeto, e da tre anni vive nella casa dei Cervis. Giacomino Cireni, che ha girato tutti i continenti, ma specialmente la Russia, dove col Circo Cipioni–Ciniselli lavorò dal 1903 sino allo scoppio della rivoluzione, ha molti doni dello zar Nicola II, tra cui un cronometro d’oro collo stemma imperiale. La sua comicità era in quei tempi proverbiale, e Giacomino rappresentò, per alcune generazioni, il numero più desiderato e cercato da grandi e piccini. In tutta questa faccenda del ritrovamento delle casse Petacci, egli però non c’entra minimamente; ma per puro caso, fu forse l’unico testimone che, la sera del 9 febbraio, vide uscire da casa Cervis e caricare su una macchina ferma davanti all’abitazione le cassette famose». I tre bauli furono portati a Brescia, in Questura «e aperti negli uffici della Sezione politica in presenza dei signori Cervis», si legge sul “Corriere” del 23 febbraio. Contengono indumenti vari, abbondantemente cosparsi di naftalina, tra cui una uniforme del duce, stivaloni compresi; ma soprattutto contengono molte carte, molti documenti, distribuiti in pacchetti sigillati. È stato redatto un verbale e poi le casse sono state richiuse e mandate a Roma. E oggi quei documenti – o parte di quei documenti – sono probabilmente all’Archivio di Stato. La stampa riportò ampiamente in quei mesi anche la notizia del ritrovamento in casa Cervis del “tesoro” rinvenuto in due stanze murate. Nei locali – si legge sempre sul “Corriere” del 23 febbraio – furono trovati molti oggetti di valore: «tappeti, arazzi, pellicce, vasellame, argento, ecc. ecc. Il maresciallo dei carabinieri Belloni, comandante la stazione di Maderno, chiamato a redigere l’inventario, riempì ben diciotto fogli. Tante belle cose – e di gran valore – ma niente scartoffie, niente documenti. Ed erano i documenti che le autorità volevano». I quali furono poi scoperti nei tre bauli sepolti nel giardino, come già raccontato. Alcuni giornali scrissero che i documenti (ma anche altro) appartenevano a Claretta. I Cervis, dal conto loro, ne rivendicarono la proprietà. Furono per questo avviate due cause: una civile a Roma e una penale a Brescia.

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