martedì, Aprile 23, 2024
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La cucina del Garda. Fra gli estimatori di questa specialità la piccola borgata di Cologna di Tenno

«Carne salada» un’antica ricetta per sopravvivere

La carne salada. Non c’è trattoria dell’area trentina del Garda o del tratto di Valdadige al confine fra Trento e Verona che non la proponga. La si mangia cruda, a fettine sottili, oppure scaldata alla piastra, accompagnata da verdure sott’olio o da fagioli. Lungo la riviera veronese non è raro che ci si organizzi in compagnie numerose per andare a gustarla fra Riva, Arco e Tenno. Per far ganzaiga. Fra gli estimatori della carne salada gode di meritata fama in particolare la piccola borgata di Cologna di Tenno. E forse non è un caso che proprio qui la si trovi eccellente. Della sapida ricetta del Garda trentino si trova infatti traccia in un documento cinquecentesco stilato a Castel Tenno. Per la precisione, il testo è stato redatto il primo marzo del 1515 dal vicario di Tenno, Antonio Beriano, a beneficio del vescovo Bernardo Cles. Vi sono elencati i beni mobili del castello e in particolare dei locali adibiti a stanza da letto, cucina e cantina. E vi si dice dell’esistenza di carne salada di bue e di maiale. «L’inventario», scrive Graziano Riccadonna,« può fornire una serie di appunti per una storia della gastronomia locale, non tanto per gli alimenti citati quanto per la carne salada de bove et de porco, laddove l’autentica originalità deriva dal riferimento alla carne salada di maiale, al posto del più consueto e tradizionale manzo». Ma in realtà, se oggi nel Garda trentino è in uso la salagione quasi solo del manzo, in passato era in genere soprattutto la carne suina ad essere destinata alla conservazione col sale. E comunque in Valdadige, dalle parti di Belluno Veronese, ancora oggi si serve sia la carne salà di bovino (cruda) che quella di maiale (cotta). Sulla vetustà della preparazione non c’è dubbio. Risale forse allo stesso periodo dell’inventario di Castel Tenno una ricetta che troviamo in un manoscritto trentino che è sì settecentesco, ma che è in realtà copia con aggiunte di un ricettario più antico. Vi si legge di uno «stuffato» nella quale si prescrive di prendere della carne di manzo, di porla «due giorni in sale» e di aggiungere bacche di ginepro, aglio, rosmarino ed aceto «tanta che stia coperto caricandola con sassi». Insomma: carne in salamoia tenuta premuta dalle pietre, esattamente come accade oggi. Quanto all’origine della carne salada, è di certo legata al problema della conservazione del cibo. Per secoli una delle preoccupazioni dell’umanità è stata stoccare le derrate alimentari per garantire la sopravvivenza nei periodi meno propizi. La salagione era fra le tecniche più utilizzate, più semplici e affidabili. Il sale, infatti, ha la proprietà di rendere conservabili i cibi e di distruggere i batteri. Prima del freezer, ci si affidava dunque alla capacità conservativa del sale. E qui e là sono rimaste memorie vive di quelle antiche pratiche di stoccaggio alimentare. In area veneta un buon lesso misto non è mai privo di qualche fetta di lingua salmistrata. Così come nell’entroterra del Garda trentino e nell’ultimo lembo di Valdadige veronese si usa la saporitissima carne salada. Quasi un museo in tavola.

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