venerdì, Marzo 29, 2024
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Sono oltre 300 le strutture danneggiate, ma l’iter burocratico è complesso

Chiese, finora aperto un solo cantiere

Anche il patrimonio artistico e culturale ha subito gravi danni. E quello verso il completo ripristino dell’agibilità di tutti gli edifici non sarà un percorso facile: per le più di 300 strutture lesionate ci sarà un iter molto complesso da seguire, si tratta nella maggior parte di edifici e beni vincolati, e prima di interventi strutturali ci sono numerosi «palett»i da rispettare. «Sono stati dodici mesi più che altro dedicati all’elaborazione dei progetti – spiega don Pier Virgilio Begni Redona, direttore dell’ufficio per l’arte sacra e i beni culturali ecclesiastici – anche perchè l’iter burocratico è molto più lungo e complesso rispetto a quello per gli altri edifici, specialmente per quello che riguarda gli edifici vincolati. In dodici mesi noi abbiamo aperto un solo cantiere, quello della scuola materna di Pompegnino, che tra l’altro è un edificio non tutelato». Dunque il lavoro è solo all’inizio; quello che chiede la Sovrintendenza per dare il via libera agli interventi non è cosa da poco, e spesso, anche durante le riunioni al Pirellino, i rappresentanti della diocesi lo hanno fatto presente a chi di dovere. Del resto i numeri parlano chiaro: sono soltanto 15, ad oggi, i progetti esaminati in regione, tutti ovviamente relativi alle «priorità 1»: «Cosa possiamo fare? Per adesso ci limitiamo a rispettare le scadenze – commenta ancora don Pier Virgilio – abbiamo 48 priorità 1 e solo un terzo di queste istruttorie è passato in Regione. Purtroppo sono questi termini, dobbiamo soltanto avere molta pazienza; voglio comunque sottolineare che abbiamo trovato buone risposte sia da Massimo Buscemi che da Silvio Lauro, con i quali abbiamo lavorato bene». Tra le strutture danneggiate il numero più consistente è relativo alle chiese (242, di cui 57 inagibili) ma anche oratori e canoniche hanno subito lesioni; e delle 302 strutture 278 sono finite nelle ordinanze regionali: «Adesso non ci resta che perferzionare la pratiche. Abbiamo fatto molta esperienza in questi mesi, ci sono state delle situazioni problematiche e altre che si sono risolte in tempi più brevi. Mi sento di dire che comunque fortunatamente Brescia mi sembra abbia risposto bene: ci sono stati dei danni, è vero, ma ho visto la gente reagire bene». Durante l’anno ci si è arrangiati a volte come si è riusciti: chi ha fatto lezioni di catechismo in pizzeria, chi ha trovato ospitalità dai parrocchiani per l’inagibilità della canonica, chi ha «vestito» un salone provvisiorio come una chiesa: «Alla fine mi sono reso conto che per la liturgia – prosegue don Begni Redona – i tendoni, in questa situazione di disagio, hanno fatto la loro parte; inoltre ho visto che per la gente avere una chiesa, ancorchè provvisoria, almeno in ordine, è stato importante quanto lo è stato sistemare la loro casa. È sempre stato così: anche chi non è particolarmente devoto o praticante, nei momenti importanti come funerali o matrimoni, e ancor di più in un momento di difficoltà come questo, si sente parte della comunità religiosa, e fa di tutto per dare una mano. Così è stato per noi: abbiamo avuto numerose manifestazioni di affetto e di grande disponibilità». Purtroppo però le risorse non sono state sufficienti per tutti: «Qualcuno ha 3-4 chiese lesionate, e pur rispettando i tempi per la presentazione dei progetti ha risorse solo per la parrocchiale. Proprio la settimana scorsa ci siamo incontrati con i parroci e a loro e alle comunità abbiamo detto: tenete duro. Noi stiamo facendo il massimo, e ci auguriamo che al più presto la situazione possa tornare alla normalità».

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