L’intervento costato un miliardo e 300 milioni di vecchie lire. Altri lavori in arrivo: entro marzo il municipio torna in sede

Comune, finito il restauro

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Di Luca Delpozzo

«Il restau­ro del Palaz­zo comu­nale è ulti­ma­to — dice il sin­da­co di Polpe­nazze, Gian­car­lo Ribel­li, pro­fes­sore di matem­at­i­ca -. Entro il mese di mar­zo effettuer­e­mo il traslo­co dal­l’ed­i­fi­cio che abbi­amo uti­liz­za­to provvi­so­ri­a­mente, la vec­chia sede del Con­sorzio provin­ciale. La super­fi­cie degli uffi­ci è aumen­ta­ta, vis­to il recu­pero del solaio. Gli imp­ie­gati potran­no così lavo­rare con mag­giore spazio a dis­po­sizione. L’in­ter­ven­to è costa­to un mil­iar­do e 300 mil­ioni di vec­chie lire, di cui 200 mil­ioni rice­vu­ti dal­la come con­trib­u­to a fon­do per­du­to. Tra l’al­tro abbi­amo inser­i­to un ascen­sore, e rip­uli­to il mas­tio, tut­to in pietre a vista, una strut­tura molto anti­ca. In accor­do, ovvi­a­mente, con la Soprint­en­den­za. Il prog­et­to era sta­to redat­to in occa­sione di una tesi di dot­tora­to. I lavori li ha diret­ti Bar­bara Scala». Il Palaz­zo con­fi­na col castel­lo, sor­to al tem­po delle inva­sioni ungare, all’inizio del ‘400, e dis­trut­to dai Vis­con­ti. Nel 1426 la Serenis­si­ma con­sen­tì di ricostru­ir­lo. Alla fine del ‘500, la parte merid­ionale del­la cin­ta muraria fu abbat­tuta per fare spazio alla nuo­va par­roc­chiale. Una torre fu trasfor­ma­ta in cam­panile. Del castel­lo sono rimasti soltan­to l’in­gres­so e un trat­to di mura nel quale si dis­tingue il vano di un tor­ri­cel­lo. Il mas­tio è sta­to appun­to inglo­ba­to dal munici­pio. Il sin­da­co illus­tra poi le altre opere in cantiere. «In col­lab­o­razione con l’Am­min­is­trazione provin­ciale, sis­te­mer­e­mo i mar­ci­apie­di nel­la parte bas­sa del paese. Sposter­e­mo in local­ità Fontanelle la pesa pub­bli­ca e, dal­la piazzetta sino alla far­ma­cia, real­izzer­e­mo un mar­ci­apiede. Quin­di il dis­cor­so del cimitero. Con 200 mil­ioni di vec­chie lire dovre­mo costru­ire i nuovi loculi. Sti­amo stu­dian­do la soluzione migliore con la Soprint­en­den­za. Pre­vista infine, nel bilan­cio, la sis­temazione del sagra­to davan­ti alla chiesa, con pavi­men­tazione e arredo. Stanzi­a­men­to di un mil­iar­do. Esiste già un vinci­tore del prog­et­to-con­cor­so. In ogni caso un inter­ven­to anco­ra tut­to da val­utare», con­clude Ribel­li. Intan­to, sono fer­mi i lavori del­la chiesa prin­ci­pale, ese­gui­ti dal par­ro­co. Ulti­mati gli inter­ven­ti esterni (cop­er­tu­ra, intonaci, fac­cia­ta, eccetera), occorre adesso provvedere agli interni (impianti elet­tri­ci, vetrate, casa del sacrestano). Don Rober­to ha uti­liz­za­to i 750 mil­ioni rac­colti a suo tem­po tra le famiglie di Polpe­nazze, il Comune, la Fon­dazione Carip­lo, la Con­feren­za epis­co­pale ital­iana, i grup­pi del volon­tari­a­to. Per com­pletare le opere ha bisog­no di ulte­ri­ori 600 mil­ioni, che sta cer­can­do di rag­granel­lare ricor­ren­do a con­tribu­ti e offerte. La chiesa, ded­i­ca­ta alla Nativ­ità del­la Madon­na ed edi­fi­ca­ta nel cor­so del XVI sec­o­lo, ha una fac­cia­ta di ispi­razione baroc­ca, risalente a cen­to anni fa, dis­eg­na­ta dai Tagli­a­fer­ri. Con­tiene dip­in­ti di Grazio Cos­sali (cor­nice di leg­no dora­to del bres­ciano Tom­ma­so Moret­to), Pietro Marone, Bertan­za. Notevoli il coro lig­neo e il grande Cro­ci­fis­so. I lavori con­ser­v­a­tivi e di restau­ro, coor­di­nati dal­l’ar­chitet­to Ermes Podavi­ni, si sono resi nec­es­sari per evitare che l’u­mid­ità e le infil­trazioni d’ac­qua provo­cassero dan­ni più gravi. Elim­i­nate anche le bar­riere architet­toniche. L’in­tero com­p­lesso è vin­co­la­to ai sen­si delle legge 1089 del 1° giug­no 1939, ma dal­lo Sta­to non sono anco­ra arrivati con­tribu­ti. Con­tin­ua, dunque, l’op­er­azione di abbel­li­men­to del cen­tro stori­co. Polpe­nazze con­ser­va alcune carat­ter­is­tiche orig­i­nali, apprez­zate (in par­ti­co­lare) dagli esper­ti. Molti edi­fi­ci, ad esem­pio, han­no strut­ture murarie real­iz­zate con ciot­toli di fiume, pietre sboz­zate, a volte con­ci squa­drati; ampi por­tali ad arco preva­len­te­mente rib­as­sato, con mat­toni dis­posti ortog­o­nal­mente per fare da cor­nice; pri­mo piano con pavi­men­ti in leg­no; finestrelle a tut­to ses­to od ogi­vali. Nei fab­bri­cati a schiera, a due o più piani, pre­dom­i­nano le finestre ret­tan­go­lari ad arco inter­no abbas­sato; spes­so, ver­so il cor­tile, ci sono dei bal­la­toi in leg­no. Poi gli edi­fi­ci a corte, con la fac­cia­ta inter­na scan­di­ta da un por­ti­co con log­gia sopras­tante: quel­li rus­ti­ci han­no la stal­la & la can­ti­na al piano ter­ra, men­tre gran parte del pri­mo era uti­liz­za­to come fie­nile; i più sig­no­rili han­no le stanze di abitazione divise da un cor­ri­doio inter­no. Da ulti­mo gli immo­bili più mas­s­ic­ci: la log­gia scom­pare e viene sos­ti­tui­ta dal­la gal­le­ria inter­na di dis­im­peg­no; l’ed­i­fi­cio si svilup­pa lun­go i lati che rac­chi­udono il cor­tile; non man­cano le dec­o­razioni nei por­tali e nelle cor­ni­ci delle finestre. Tante cose sono andate perse, molte pos­sono essere anco­ra con­ser­vate.

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