mercoledì, Aprile 24, 2024
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Un oculato recupero restituisce splendore alla struttura di San Zago Raggiunto l’obiettivo di salvaguardare l’immobile senza alterarne l’aspetto originale

Così l’antica cascina è diventata ristorante con suite cinque stelle

A Salò torna a rivivere l’antica splendida cascina di San Zago, situata sugli argini tra la statale 45 bis e la frazione di Renzano. Inutilizzata per molti anni, la struttura è stata restaurata con un intervento di qualità, e trasformata in ristorante. Lunedì 21 giugno si svolgerà l’inaugurazione ufficiale. Un immobile completamente in pietra, costruito nel secolo XVII, probabilmente da una comunità religiosa, disposto su due livelli, con soffitti a volta su pianta squadrata e la corte interna a mo’ di fortilizio. Al piano terra la cantina rettangolare, lungo tutta la parete nord, resa accessibile da tre stanze che a loro volta danno sul cortile; al primo livello, il fienile e quattro stanze, collegate fra di loro sia all’interno che all’esterno, da un ballatoio in legno. Completano il fabbricato: un portico, un fienile chiuso e la stalla sottostante. Utilizzata da numerose famiglie di contadini (gli ultimi sono stati i Taddeucci, i Marini e gli Zambarda), la cascina fu eredita dalla parrocchia. Nel 1989 l’ha acquistata la società Centocase srl di Romano Dubbini, poi ridenominata «Residence San Zago». E qui è iniziato un lungo travaglio, durato 15 anni. «L’edificio – ricorda Dubbini – era in stato di abbandono, anche se ancora dotato di una parte di mobili e attrezzature, come un torchio e una decina di botti grandi di rovere. Allora il Piano regolatore di Salò prevedeva la possibilità di realizzare una volumetria definita di 24 mila metri cubi, a destinazione alberghiera. Noi volevamo costruire e condurre un villaggio turistico. Il primo progetto esecutivo fu stravolto e, quindi, stroncato dall’assessorato all’urbanistica del municipio. Il secondo, approvato in consiglio comunale, venne bocciato dalla Regione Lombardia nel ’99». Nel frattempo i drogati occuparono la cascina, e distrussero progressivamente tutti gli infissi. Tolsero (e bruciarono) finestre, botti, porte e ballatoio. Poi demolirono e asportarono inferriate, portali in pietra, soglie e contorni in marmo. Alla fine andò a fuoco il tetto. Intanto, nel nuovo Prg, il Pirellone aveva dimezzato l’edificabilità, portandola a 11.500 mc., oltre al volume già esistente. Venduta la cubatura, la srl si è dedicata alla cascina, restaurandola in quattro anni, tra il ’99 e il 2003. «I muri marci sono stati risanati nelle fondamenta e negli interrati -prosegue Dubbini -, ma quelli storti sono rimasti tali, come l’intera struttura, tutta in pietra. Si è reso necessario richiedere alcune varianti, ad esempio per la formazione di cavedi ventilati. Dopo avere ripristinato gli infissi e i profili, abbiamo ricostruito il ballatoio di legno nell’identico disegno dell’opera originale, grazie ad una ditta specializzata del Trentino. Il tutto tenendo presente la destinazione finale: attività turistiche alberghiere. In corso d’opera si sono evidenziate un paio di esigenze: disporre di un appartamento per un custode e ricavare un locale per i servizi igienici. Adesso i lavori sono terminati e la cascina è pronta a diventare un ristorante da guida turistica. Pensiamo di occupare circa 35 persone. Ho affidato la gestione a Carlo Bresciani, l’attuale titolare del Monte Magno di Gavardo». Nei giorni scorsi si sono già svolti alcuni pranzi di nozze. La cascina dispone anche di un camera con baldacchino, dove gli sposi possono trascorrere la prima notte dopo il matrimonio. «La preoccupazione maggiore dei vari sindaci e di tutti i consiglieri, sia di maggioranza che di minoranza -aggiunge -, è stata di salvaguardare la cascina da una destinazione puramente residenziale, cioè seconde case. Un obiettivo raggiunto senza alterare l’aspetto originale». Dato che la zona circostante pullulava di pali della luce (tra l’altro c’erano due tralicci in ferro), l’Enel ha interrato tutte le linee. La Comunità montana parco Alto Garda ha autorizzato il trapianto di alcune piante di olivo e la messa a dimora di un grande gelso, a fianco di uno preesistente. Le strade del piazzale antistante e il parcheggio sono stati finiti con ciottoli posati a secco.

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