giovedì, Aprile 25, 2024
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Negli anni Venti uomini in canottiera e signore coperte da capo a piedi. Nel 1988 il seno nudo diventa la réclame di Brenzone

Da ombrellinoa toplessvia slip e bikini

L’ordinanza comunale parla chiaro: chi si presenta in spiaggia senza «indumenti atti a coprire i genitali maschili o femminili» rischia. Da 75 fino a 500 euro di multa. Più la denuncia penale: bella rogna. Il provvedimento l’ha preso quest’estate il sindaco di Torri. Vieta il nudismo, un po’ troppo liberamente praticato dalle parti di Brancolino, verso punta San Vigilio. Ma nulla dispone contro il topless, che è tornato a imperare sulle rive gardesane. La moda cambia. E con questa i costumi.Pensare che agli inizi dell’ultrasecolare epopea turistica gardesana di mettersi in costume non passava per la testa a nessuno. Solo agli inizi del Novecento si scopre la spiaggia. Ma di pelle se ne espone poca: le tenute dei bagnanti erano castigate. Specie di tute, tutt’al più abbinate a un ombrellino, perché la tintarella non era considerata granché.I primi costumi veri e propri approdano sul Garda negli anni Venti. Le donne vestono delle tunichette da spiaggia con un accenno di scollatura. I calzoncini femminili arrivavano al ginocchio, lasciando in vista la caviglia, ohibò. Gli uomini indossano calzoni e canottiera. Sul finire del decennio si osa di più. Coco Chanel, in Francia, lancia la moda alla garçonne: capelli corti, a caschetto, abiti minimalisti e mascolini. Sulla spiagge gardesane le villeggianti mettono in vista la schiena e i calzoncini si accorciano. Anche il costume maschile cambia: il pantaloncino si fa più corto, restando però alto in vita, e la canotta, prima obbligatoria, diventa un ricordo: petto al sole.Anni Trenta, rivoluzione al femminile. L’accoppiata braghe-canottiera scompare. Ecco degli audaci costumi a un pezzo. Le gambe restano completamente scoperte. «Saran belli gli occhi neri, saran belli gli occhi blu, ma le gambe, ma le gambe… a me piacciono di più!» si canta nel 1939 su musica di Alfredo Bracchi e Giovanni D’Anzi. Sul Garda la nuova moda fa scandalo. Nel 1930 il podestà di Riva firma un’ordinanza sul «divieto di bagnarsi in località prossime all’abitato», con eccezione per gli stabilimenti balneari autorizzati.Passa la guerra e il turismo cambia volto. Arrivano i forèsti da nord: dalla Germania e dall’Olanda, soprattutto. Gli alberghi e i campeggi crescono come i funghi. E il costume si riduce ancora. La scollatura si accentua. Di coprire la schiena non ci pensa proprio più nessuno. La sgambatura è evidente. Gli uomini scelgono gli slip. Una circolare del ministero dell’Interno nel giugno 1948 afferma: «È evidente che l’uso dello “slips” non risponde neppure alle mediocri esigenze di rispetto della pubblica decenza». Un mese dopo il sindaco di Riva invia una nota al comando dei vigili urbani deprecando «l’uso intrapreso da qualche tempo da parte di giovani bagnanti», e cioè quello di «ridurre il costume a proporzioni risibili, mediante il cosiddetto “slips” (mutandine da bagno ridottissime)».I vacanzieri nordici non si fanno scrupoli a passeggiare in costume per le vie dei paesi. «Molti sono i forestieri, specialmente donne, che si recano sulle vie e sulle piazze in costume da bagno o comunque non confacente alla decenza e al decoro cittadino» annota nel 1953 un sindaco benacense. Qui e là i primi cittadini gardesani emanano così la «disciplina dei bagni di acqua e di sole». Vi si vieta di spogliarsi all’aperto e di «fare uso di costumi da bagno, prendisole e indumenti non rispondenti alle esigenze della pubblica decenza».Sul finire degli anni Cinquanta un plotone di bionde scandinave porta il bikini sul lago. In realtà, i reggiseni sono oversize e i pantaloncini sono ancora alti in vita. Ci vorrà ancora un decennio perché venga scoperto anche l’ombelico. Anni Sessanta. I Beatles cambiano la musica, Mary Quant lancia la minigonna. Vengono rubati centimetri a gonne e costumini. Le mutandine da bagno femminili non sono più a tinta unica: compaiono sgargianti decorazioni. Il reggiseno si riduce e a volte è senza spalline. Negli anni Settanta, oplà, il reggiseno vola via: arriva il topless.Sul lungolago di Garda resiste fino agli anni Ottanta un anacronistico cartello in quattro lingue che vieta di passeggiare «in abiti succinti». Ma succinto è una parola pressoché incomprensibile ai più. Il Garda si mostra tutto sommato tollerante verso le nuove tendenze, i limiti del comune senso del pudore si spostano rapidamente. Una ragazza a seno scoperto trionfa sul pieghevole dell’associazione albergatori di Brenzone nel 1988.C’è anche chi pretende di più. E c’è, per contrasto, chi torna a un passato che pareva scomparso per sempre. La Rocca di Manerba e la zona di Brancolino cominciano a essere frequentate dai naturisti: le sanzioni fioccano, notizie anche di queste ultime settimane. Intanto, ricompaiono anche scene che sembrano lontanissime nel tempo. Famigliole cingalesi scendono in spiaggia con uomini in calzoncini, donne in gonna e maglietta, anche in acqua. Corsi e ricorsi storici.

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