venerdì, Aprile 19, 2024
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Blitz della Polizia municipale: arrestato il capobanda, ricercati i complici Schiava del sesso si ribella e denuncia i suoi aguzzini

Decapitata la gang dei bulgari

Una ragazza bulgara, 28 anni, un curriculum di solidi studi alle spalle ma da tempo costretta a prostituirsi, ha trovato la forza di denunciare il proprio sfruttatore facendolo catturare. Dopo un anno d’indagini, la Polizia municipale di Sirmione ha arrestato il capo di un’organizzazione interamente composta di cittadini bulgari, che dallo scorso settembre ha obbligato almeno quattro connazionali a prostituirsi lungo la Padana Superiore, nella zona tra Sirmione e Peschiera. Nell’operazione, denominata «Spartaco», è finito in manette Petrov Yordanov Marin, 31 anni, sorpreso in un albergo della perfieria di Verona, dove alloggiavano due ragazze, connazionali di Petrov, obbligate a prostituirsi nella scaligera Cavalcaselle. Negli ultimi tempi l’organizzazione criminale aveva deciso di spostare il raggio d’azione in Veneto per eludere i controlli dei Vigili di Sirmione. I capi d’imputazione sono pesanti: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Da giorni gli agenti seguivano da vicino le mosse di Marin. L’indagine è partita seguendo le direttive dell’assessore alla sicurezza del Comune di Sirmione, Massimo Padovan, che prevede un maggior controllo del territorio da parte della Polizia municipale per combattere la prostituzione sulle strade. Una necessità ancora più urgente per un centro come quello gardesano, che vive di turismo. Ma tutto è partito dalla denuncia di una coraggiosissima ragazza. Attirata in Italia con il miraggio di un lavoro, la donna – come tante altre connazionali e non – è stata costretta a riscattare la sua libertà prostituendosi. Ma di fronte all’opportunità di ricostruirsi una vita e impedire che altre donne subissero la stessa sorte, ha raccolto l’invito della Polizia municipale: così, adeguatamente protetta, è stata accolta in un programma di inserimento sociale finanziato dal Comune di Verona. La ragazza ha raccontato agli investigatori di essere stata introdotta clandestinamente nel nostro Paese, con la promessa di un lavoro come dipendente in un bar. Poi però si è trovata sulla strada, minacciata continuamente. La donna più volte è stata obbligata a raccontare per telefono, alle amiche rimaste in Bulgaria, le menzogne degli sfruttatori per convincerle a trasferirsi: un modo per attirare nella rete altre vittime. Ma la ragazza ha trovato la forza di ribellarsi. Le prime dichiarazioni sono state raccolte dalla Polizia municipale, quando ancora era obbligata a prostituirsi, ma la denuncia è arrivata solo quando ha raggiunto la cifra necessaria per riscattare il passaporto e riacquistare la libertà. Oltre a confermare che la zona di Punta Grò, a Sirmione, era controllata da due bulgari, peraltro già identificati in precedenza, la ragazza ha riferito che gli sfruttatori, proprio per eludere i controlli, avevano iniziato ad adottare alcune precauzioni per non farsi identificare e per consentire alle ragazze di lavorare indisturbate. Gli accorgimenti consistevano nel cambiare frequentemente l’autovettura con cui le ragazze venivano accompagnate e anche i cellulari delle prostitute. Che, allo stesso tempo, erano costrette, almeno fino a mezzanotte e mezza, l’ora in cui termina il servizio ordinario della polizia municipale, a nascondersi o a trasferirsi in altri luoghi. Ma gli agenti hanno continuato le indagini senza sosta e, grazie al coraggio di una ragazza, sono arrivati al capo dell’organizzazione. Il Gip del tribunale di Verona, su richiesta del pm Beatrice Zanotti, ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare a carico di altrettanti cittadini bulgari, due uomini e una donna. Finora in carcere è finito solo il capo dell’organizzazione, Marin. Gli altri due, l’autista e una donna che aveva il compito di controllare le ragazze, sono riusciti a fuggire.

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