sabato, Aprile 20, 2024
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Come era povero il vitto nell’800 in casa di coloni e operai del lago

Domani l’annuario del Centro studi per il territorio benacense

E con questo fanno sedici: domani alle ore 18.30, presso il bar Taverna, nella piazza del porto, il Centro studi per il territorio benacense illustra la sedicesima edizione, fresca di stampa, dell’annuario «Il Garda. L’ambiente, l’uomo». La presentazione si svolge nell’ambito dei «caffè letterari» previsti dal ricco cartellone del Natale tra gli olivi e non potrà fare a meno di attrarre l’attenzione dell’ormai consolidato pubblico della rivista di studi storico-ambientali del Centro diretto da Giuliano Sala. Di materiale interessante, del resto, questo nuovo numero della miscellanea benacense ne contiene parecchio. Il volume si apre con una ricerca di Piercarlo Belotti, esperto botanico bresciano, sulla presenza in riva al Garda dell’«asparagus acutifolius», l’asparago selvatico, quello che i gardesani chiamano volgarmente sparasina. Ma l’articolo di Belotti è anche l’occasione per fare il punto sulla coltivazione dell’asparago sulle colline moreniche di Rivoli e Cavaion. Daniele Zanini ha redatto invece un curioso studio sulle forme tumorali che a Garda hanno colpito i platani di piazzale Roma (la piazza della chiesa). Si passa poi alla sezione storica con un appassionante testo di Giuliano Sala, che indaga su un «assassinio nella terra dei canonici»: la cronaca di un fatto di sangue avvenuto fra Calmasino e Cavaion nel luglio del lontano 1208. In un vasto capitolo, Pierpaolo Brugnoli si occupa della storia e dei pregi artistici e architettonici di villa Miniscalchi-Treves, ora villa dei Cedri (con annesso centro termale) a Colà di Lazise. Marina Repetto Contaldo si sofferma sulle memorie di don Domenico Sartori, attivissimo parroco di Torri nel Settecento (a lui si deve tra l’altro la decisione di costruire la nuova parrocchia). Come l’autrice mette in risalto, le memorie del sacerdote torresano sono state più volte «saccheggiate» da vari autori, senza però mai che trovassero completa trascrittura: stavolta la lacuna è stata colmata, e la lettura è piuttosto coinvolgente ad esempio laddove si parla di un «inconveniente» nato tra le comunità parrocchiali di Torri e Albisano per via di antichi diritti connessi con le rogazioni, oppure dove si dice della «renovatione» del voto a San Filippo Neri. Valeria Recchia, nel successivo articolo, si sofferma su quella che definisce la «grande trasformazione», ossia l’avvio del turismo benacense a cavallo fra Ottocento e Novecento. Interessante l’analisi delle «réclames» dei primi del Novecento: come il Garda si presentava ai mercati turistici del tempo. Pier Giuseppe Pasini scrive delle indagini condotte nell’Ottocento sulla qualità del vitto delle popolazioni del Garda bresciano: «Il vivere del colono e dell’operaio è molto meschino, è basato principalmente sul granoturco che si mangia tutti i giorni con erbaggi, legumi e poco pesce» diceva Pietro Marchiori, ingegnere del Genio civile, nel 1881. Nella terza sezione del volume spicca, oltre alla «bibliografia gardesana» di Domenico Fava, un lavoro di Pierlorenzo Vantini su Carlo Scarpa, e in particolare sulla geniale progettazione di villa Ottolenghi a Bardolino. (a.p.)

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