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Domizio Calderini l’umanista del Garda

Più che un personaggio sul Garda, Domizio Calderini (Domenico Calderino, ritratto da giovane nell’immagine a lato) è un personaggio dal Garda. È nato difatti a Torri nel 1446. Suo padre, Antonio, era notaio alla Gardesana dell’Acqua. Il giovane Domenico (si diede il nome Domizio nel mondo dei letterati) intraprese gli studi classici con i maestri Antonio Brognanigo e Benedetto Brugnoli. Verso il 1466 egli si trasferì a Roma, dove aveva ottenuto una posizione come segretario nella “famiglia” del cardinale Bessarione. In quei tempi, fra i dotti, ardeva una controversia al color bianco fra i sostenitori della superiorità di Platone su Aristotele e Calderini fu fra i sostenitori del platonismo difendendo la causa con libelli, polemiche, contropolemiche e con feroci attacchi alla controparte, la quale rispondeva con altrettanta violenza. Domizio a Roma entrò in contatto con il mondo dei massimi umanisti romani che costituivano la più alta punta del sapere del tempo. Quando Francesco Della Rovere fu eletto papa come Sisto IV, Calderini fu nominato segretario apostolico aggiunto fra gli addetti ai palazzi apostolici. È in questo periodo che pare abbia preso gli ordini minori per essere sicuro della sua carriera, come avevano fatto gli altri umanisti di curia. Nel 1474 fu nominato segretario con tutti i privilegi alla corte del papa, incarico che egli conservò fino alla morte. Nel 1472 Calderini seguì il cardinale Bessarione in un suo viaggio diplomatico in Francia. Di questo viaggio egli diede notizie ai conoscenti; in particolare disse di aver acquistato a Lione un gran numero di libri. Il suo protettore, il cardinale Bessarione, morì durante il viaggio di ritorno dalla Francia, ma il nostro rimase vicino ai centri del potere politico alla curia papale. Ora egli entrò fra gli umanisti attorno al cardinale Pietro Riario, influente nipote di Sisto IV. Dopo la morte del Riario nel 1474 Domizio passò nella famiglia di un altro nipote del papa, Giuliano Della Rovere, il futuro Giulio II. Nel 1476 accompagnò Giuliano in Francia e probabilmente rimase in quella nazione da gennaio a settembre. Giorgio Maria Cambié Nonostante le sue numerose attività di corte, Calderini mantenne anche un’intensa attività di insegnamento. Con ogni probabilità iniziò l’insegnamento universitario nell’anno accademico 1470-1471. Fra i suoi studenti vengono ricordati Aldo Manunzio, Marcantonio Sabellico, Pietro Marsi e Partenio Minucio Pallini che saranno fra le più lucide menti del primo Cinquecento. Dai documenti esistenti sappiamo che egli fu professore di greco dell’anno accademico 1472-1473 e insegnò retorica nell’anno seguente. Dai suoi scritti sappiamo che si occupò di Cicerone, Ovidio, Polibio, Marziale, Giovenale, Silio Italico, Stazio e Quintiliano. Un’opera notevole che egli compose su incarico di Papa Sisto IV fu la revisione della traduzione delle tavole di Tolomeo, un’opera geografica che vedrà la luce a stampa dopo la sua morte. Il letterato morì di peste a Roma, verosimilmente nel giugno del 1478, a soli 34 anni. Alla sua morte, il padre fece erigere la stele tuttora esistente davanti al palazzo della Gardesana dell’Acqua a Torri (oggi sede dell’Hotel Gardesana). Agnolo Poliziano, un altro umanista del tempo e amico-avversario del Calderini venne a Torri a cercare fra i libri del defunto opere rare e dettò nel latino ornato dei letterati nel tempo un’epigrafe che tradotta in italiano suona così: “Fermati, viandante, e rendi onore con i tuoi occhi alla sacra polvere che l’onda del tumultuoso Benaco molesta. Qui la musa Libertà trasforma sovente il medesimo alla stessa guisa della fonte di Sisifo e dei verdi boschetti del fiume Permesso: in questa terra Domizio emise sicuramente il primo vagito. È proprio lui quel dotto, proprio quello, si sa, che brillantemente commentò alla gioventù di Roma i suoi saggi, che svelò le meraviglie tratte dall’ispirazione dei poeti. Va, o viandante, devi ora abbastanza ai tuoi occhi”.

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