Originata da una piena del fiume nel 1966 era stata poco dopo ostruita da sassi e detriti
Dopo quarant’anni gli speleologi hanno riaperto la Spluga del Tasso
«È un vero e proprio duomo carsico, cui si arriva passando attraverso un cunicolo abbellito da esili stalattiti e lamine calcitiche, e dove si incontra anche un suggestivo ponte naturale di selce». Alfonsina Cuccato, speleologa caprinese del Gruppo attività speleologica veronese (Gasv), usa le parole che quarant’anni fa vennero utilizzate per quella che allora fu una grande scoperta, un evento che mise in grande subbuglio la piccola frazione: la scoperta della Spluga del Tasso, la grotta che si trova nel sottosuolo di Porcino e che, dopo mesi di scavi, è stata nuovamente aperta. Era stata scoperta nell’agosto del 1966, ma subito dopo l’alluvione che in novembre flagellò l’Italia e sommerse Firenze fu nuovamente invasa da sassi, ghiaia e detriti. Da dicembre dell’anno scorso i volontari del Gasv, con il supporto del Gruppo speleologico mantovano, lavorano per riaprire il cunicolo che porta alla grotta e finalmente sono riusciti a passare. Pioveva a dirotto quando gli speleologi si sono incontrati nell’inghiottitoio, a poche centinaia di metri dal centro di Porcino, sul greto del torrente Tasso. Sotto terra però si sta all’asciutto e così, infilatisi nel cunicolo, hanno continuato a tirare fuori secchi di terra e ciottoli. A un tratto, verso le 11, quando proprio non se lo aspettavano, qualcosa è cambiato. «Il cunicolo iniziale della grotta è lungo una ventina di metri», spiega Roberto Accordi, presidente del Gasv. «Finalmente la ghiaia è finita e, passando a stento, Franco Malizia, il più magro, è riuscito a passare oltre la strettoia e ad aprire il passaggio anche agli altri». «Dopo quel punto critico, infatti, il meandro si fa più ampio e si sta comodamente in piedi», spiega Cuccato. «Sul fondo scorre anche un torrente che corre parallelamente al Tasso e che poi, a sua volta, si riempie di ghiaia. Quindi c’è la grotta: è pulita, intatta, identica a quando fu scoperta». E Accordi aggiunge: «È una grotta carsica con formazioni calcaree notevoli, in particolare stalattiti. La lunghezza pare proprio corrispondere a quella riportata nel rilievo dagli esploratori che ci hanno preceduti, misurerebbe cioè 231 metri, e sarebbe quindi la più lunga del Monte Baldo». Ma questa non è ancora una certezza, per cui gli speleologi di Gasv hanno intenzione di fare un nuovo rilievo topografico per verificare eventuali prosecuzioni. Gianfranco Caoduro, biospeleologo del gruppo e insegnante di scienze naturali, sottolinea l’importanza di partire con ricerche mirate: «Considerando che la grotta non è stata intaccata dalla presenza umana, perché è sempre rimasta chiusa, potremmo studiare la fauna cavernicola presente e scoprire che ospita animali molto interessanti». Ora che la via è aperta, viene automatico chiedere se potrà essere visitata. «Vale certamente la pena che sia vista, tuttavia, almeno per ora, possono entrare solo speleologi perché la via di accesso è ancora molto stretta», dice Alfonsina Cuccato, che aggiunge: «Stiamo pensando di mettere una griglia di protezione per evitare che qualche curioso possa infilarsi dentro, a suo rischio e pericolo». «In ogni caso, se si decidesse di aprirla al pubblico», aggiunge Accordi, «si dovrà valutare seriamente come programmare il lavoro, in quanto ci sono ancora molti metri cubi di ghiaia da spostare. Noi saremmo comunque disposti a fare da guide». Poi ricorda come si sono susseguiti gli eventi: «Tutti sanno dell’esistenza di questa grotta che fu aperta all’improvviso da una piena del Tasso il 19 agosto 1966 e che poi, a novembre di quello stesso anno, venne ostruita dai detriti. L’anno scorso, basandoci su un articolo e un rilievo fatto allora dagli speleologi che entrarono nella grotta, abbiamo individuato il punto in cui si trovava il buco d’entrata originario». «Così», continua, «abbiamo iniziato a scavare fino a quando, durante queste ultime uscite abbiamo iniziato a percepire di essere vicini allo sbocco, ma ci eravamo un po’ scoraggiati perché la quantità di detriti da asportare pareva non finire mai. Ora, finalmente, il varco è stato aperto».