Sono le cinque e mezza dell’altroieri. La notte cancella un po’ alla volta i dettagli e si prepara ad ingoiare anche le sagome. La orientale è una riga luminosa: sono i fanali della macchine che salgono da Malcesine verso Torbole. Il custode della Fraglia, gettando un’occhiata distratta verso il molo esterno, registra il consueto dondolare degli alberi dei cabinati all’ormeggio, ed osserva subito oltre, sul corridoio di cemento, due ragazzi giovanissimi, tanto ragazzi e giovani da non aver nemmeno la patente e l’auto da nascondere un po’ di tenerezze. Non ci fa caso e torna al suo lavoro. Non se ne ricorderebbe nemmeno, se verso le sette non facessero il loro ingresso nel locale a pianterreno del glorioso sodalizio velico, i due bagnati come pulcini, infreddoliti, in cerca d’una sosta all’asciutto prima di affrontare la traversata verso casa. Era accaduto che lui, travolto nella malia ancor nuova del millesimo bacio, non aveva fatto caso alle dimensioni del pontile che, un po’ bagnato, un po’ viscido di quel muschio verdastro, l’ha tradito. Mentre piombava verso il vuoto, s’è aggrappato istintivamente all’unica cosa che si potesse afferrare, ed era lei. Così se l’è tirata dietro. Hanno infilato con precisione lo spazio fra due prue, ed è finita lì. L’acqua è tanta da coprire i sassi. Tiratisi su sono tornati a casa. Il giorno dopo hanno recuperato sul fondo occhiali e telefonino di lei. Grazie, ragazzi. Finchè succedono cose così, si può sorridere al domani.
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