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Il prof. Raffaele Cominelli lasciò un patrimonio per l’identità della Valtenesi

Filantropo tra gli orti di Cisano

Raffaele Cominelli (1893-1981), nobile letterato della Valtenesi, amava i poveri, la sua Cisano e il lascito nascosto dei santi protettori delle acque lacustri: amiate il Signore, gli uomini poveri degli orti vicino ai palazzi, le vostre rive e la cultura che consente di conoscersi. Raffele Cominelli, nella tradizione popolare era una specie di mendicante, mal vestito, sofferente, incanutito come in una poesia dei nostri lombardi. Giusti o Manzoni a piacere, attratto dalle case dei poveri, dei contadini degli orti di una Cisano ancora ottocentesca. Eppure lui era del ramo Cominelli, nobili gardesani, originari di Salò da cui si spostavano d’estate, attraccando a Porticcioli, sotto Cisano. Seguivano il sentiero del bosco ed entravano quasi direttamente nel Palazzo, loro proprietà tre quarti di paese. Raffaele Cominelli cantava la Valtenesi, il creato e il Signore con innocenti poesie, così come il suo avo Leonardo, di cui chiederà, nel testamento, di provvedere a rintracciare tracce consistenti, quadri e versi. Alla sua morte il testamento fu una sorpresa: lui lasciava quasi tutto quello che possedeva, cioè, tre quarti di Cisano, a una Fondazione che portasse il suo nome, che rivitalizzasse il Palazzo e lì avesse la propria sede. Un testamento in cui trovasse posto la rivitalizzazione di Cisano, la cultura della Valtenesi e l’aiuto ai poveri. Quando morì il suo patrimonio fu calcolato in 434 milioni. Ma la valutazione di quei posti e la prudenza abbassarono di molto il valore. Alcuni mediatori valutano soltanto il Palazzo dai 3 ai 4 miliardi. Secondo lo Statuto, la Fondazione Cominelli ha come presidente il sindaco, attualmente l’avv. Ambrogio Florioli e un vicepresidente, l’architetto Vittorio Florioli che tiene le fila della Fondazione. «Le finalità della Fondazione Cominelli – spiegano il sindaco di San Felice e il vicepresidente della Fondazione – è la conservazione e il recupero delle bellezze e della cultura della Valtenesi, la raccolta e la sistemazione dei quadri di Leonardo Cominelli, poeta e pittore del Seicento, il recupero della casa agricola a fianco del Palazzo. «Le volontà del prof. Raffaele Cominelli – spiegano ancora il sindaco Ambrogio Florioli e il vicepresidente della Fondazione Vittorio Florioli – sono state mantenute e numerose iniziative sono in atto e in programma». Il Palazzo si è recuperato con un Piano integrato, i finanziamenti sono venuti dall’alienazione delle case e da contributi regionali. Circa il 60% delle case a libero mercato e il rimanente a edilizia convenzionata anche per sottolineare lo spirito filantropico di Raffaele Cominelli. Nel libro «San Felice del Benaco e il suo territorio», finito di stampare nel giugno del 2000, scritto da Pierluigi Mazzoldi, c’è un passo che illumina la figura del prof. Raffaele Cominelli. Scrive l’autore: «…Un uomo restato solo per propria volontà, dimostrò la sua grande vocazione: quella di donare. Ricordo il Cominelli nelle rigide giornate d’inverno, seduto vicino al focolare della cucina di un suo contadino: il suo modo bizzarro di vivere suscitava in me la profonda curiosità di conoscerlo. Spesso portava con sè un grosso quaderno dalla copertina nera dove annotava avvenimenti storici, letterari e familiari. Talvolta accadeva che, a scapito delle modeste apparenze, il professore si ricordasse delle sue origini illustri…Verso sera lo accompagnavo nella sua abitazione ed allora il tempo diveniva sacro: era il momento della poesia. Quell’uomo provato dagli anni e dalle sofferenze si trasformava: la sua voce diventava dolce e scorrevole, gli abiti cenciosi mille volte rattoppati sparivano ed i suoi occhi riprendevano vita. Recitava versi di molti poeti, ma prediligeva il Petrarca. Era sua abitudine vestirsi da mendicante e come tale fu quasi sempre considerato; il suo pranzo abituale era un pugno di riso bollito nell’acqua. In quegli anni nacque un’amicizia tra me e il Prof. Cominelli. I mediatori, che spesso si presentavano alla sua porta con l’intenzione di acquistare i suoi terreni, mi ritenevano un loro concorrente ed invidiavano la vicinanza a quel singolare possidente…». Cisano rischiava di perdere l’ultima goccia del proprio sangue. Vent’anni fa, ci spiegano, le vite erano trenta ed ora, anche grazie all’intervento della Fondazione Cominelli, sono sessanta, il doppio, il segno che la Valtenesi dei Cominelli non si disperde e rimane fedele alla bellezza poetica e ambientale che alimentà la esistenza umile e distaccata del prof. Raffaele.

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