venerdì, Marzo 29, 2024
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Livio Parisi e Giorgio Gioco ricordano il poeta dialettale rivano

Floriani: il sapore della nostalgia

Trentacinque anni fa, come domani, si chiudeva in una stanza dell’ospedale civile la vita di Giacomo Floriani. Per farne memoria si sono mobilitati due amici del poeta dialettale rivano: Livio Parisi, già insegnante d’italiano all’Itc, autore d’un libro «El magnar de ‘sti ani», ossia la cucina trentina attraverso la poesia di Giacomo Floriani, e Giorgio Gioco, uno dei grandi della ristorazione italiana, veronese, titolare del 12 Apostoli, artista a modo suo anche in territori esterni ai sapori della tradizione. Livio Parisi ha regalato a Giorgio Gioco i cinque canzonieri di Floriani e lui ha affidato ad una lettera le emozioni che prova ogni volta che scorre le pagine dell’edizione curata da Riccardo Maroni. Eccola: «Leggo sovente Giacomo Floriani. Gli argomenti trattati dal Poeta, il modo di esprimersi in versi, la lingua rigorosamente trentina ma soprattutto lo spirito con il quale l’autore nobilita la parola, mi regalano ondate di emozioni, di ricordi, di sensazioni alle quali sono strettamente legato. Ho respirato, mi sono entrati nell’anima quei valori della vita che forse oggi non si usano più. Quei valori assorbiti al filò dalle voci dei vecchi saggi di fondo valle attorno alla fontana. Valori di cose semplici alle quali erano fortemente radicati temendo il superfluo il quale oggi diventa indispensabile. Ho assorbito il ritmo degli anni trenta, periodo fertile del Poeta che ha offerto argomenti e ordigni per le sue bellissime poesie. Sento ancora il profumo ristoratore del camino che brucia legni odorosi che rinfrancano fisico e spirito. Floriani mi regala i tenui colori delle albe e l’incendiarsi dei tramonti sulle vette. Mi fa sentire la musica delle sortive, mi regala il brillare dei nevai. Giacomo Floriani potrebbe essere l’antidoto più efficace contro il logorio della vita moderna, un rallentatore della nostra velocità, il Poeta diventa il tranquillante dell’anima. Con Floriani visito la ceseta in montagna, el lac de Garda, vedo la levada del sol, le cà, l’èra piena de poiati, Giacomo mi racconta dei venti, degli inverni in montagna, mi ricorda il sapore dei fonghi e de le patate dopo quattro ore di cammino in una piccola valle oltre i mille metri, mi fa sentire il profumo delle genziane, il sapore dei mirtilli e dei lamponi. Volevo stare un po’ in tua compagnia. Floriani mi ha tenuto per mano.»

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