venerdì, Aprile 26, 2024
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La cooperativa pescatori protagonista a Slow Fish. Monese: «Ora avremmo bisogno di ingrandire il laboratorio»

Genova consacra la riscoperta del pesce di lago

L’hanno definito il «salone del pesce sostenibile». Perché vuol presentare e promuovere una pesca rispettosa dell’ecosistema marino, fluviale, lacustre. Si chiama Slow Fish. È la manifestazione svoltasi a Genova: organizzava Slow Food. Ad esporre i loro prodotti e a parlare di esperienze di pesca c’erano una sessantina di comunità provenienti da tutto il mondo. Dall’Italia, certo, ma anche dalla Norvegia, dal Regno Unito, dalla Federazione Russa o da più lontano ancora, dalle Filippine, dal Ghana, dalla Mauritania, dal Cile. In mezzo a loro anche quella che è stata presentata come «la comunità dei pescatori di aole e di carpione del Garda». E a rappresentare la realtà della pesca professionale benacense non poteva esserci che la Cooperativa fra pescatori di Garda, ospite della Regione Veneto. I gardesani nell’élite del mondo peschereccio internazionale, dunque. Altro che i «màgna àole» poveri in canna d’una ormai stantia immagine tramandata dalla storia. «È stata una magnifica esperienza», dice il presidente dei pescatori di Garda, Enrico Mario Monese, «perché ci ha permesso di presentarci a un pubblico numerosissimo. Abbiamo portato 300 vasi di filetti di sardéna sott’olio e una quarantina di chili di pesce affumicato, tinca e lavarello: finiti in un attimo. C’era molta curiosità per il nostro lavoro e il pesce di lago». Già, i pescatori professionisti di Garda si sono fatti adulti. Una volta vivevano chiusi nel loro piccolo mondo, quasi condannati all’immobilismo. Oggi si sono fatti imprenditori. Prendono la macchina e vanno a presentarsi in giro per l’Italia, con orgoglio. Con motivato orgoglio, va detto, perché la nuova via che la Cooperativa ha coraggiosamente imboccato nell’ultima manciata d’anni è di quelle epocali. Ora non si lascia più che siano i grossisti a fare il bello e il cattivo tempo. Oggi si fanno battute di pesca mirate, si punta a non inflazionare il mercato, a salvaguardare le specie, a trasformare parte del pescato affumicandolo o mettendolo sott’olio secondo i canoni d’una tradizione che sembrava destinata ad essere cancellata. Invece eccola qui, pimpante. Il momento della svolta è stata la scelta di realizzare, pochi anni fa, la sede della Cooperativa all’ex macello in via San Bernardo. Lì si sono potuti impiantare i macchinari per la conservazione e la trasformazione del pesce. L’attenzione dei consumatori e dei ristoratori è andata aumentando, tanto che adesso i pescatori sentono il bisogno d’ingrandirsi. «Abbiamo parecchia richiesta», dice Monese, «e ci troviamo nella necessità di disporre di maggiori spazi per il laboratorio e per il magazzino». La speranza è che le concessioni arrivino tutte. E mica solo perché gli ultimi pescatori professionisti del lago possano guadagnare qualcosa di più. No: la partita in gioco è un’altra. È la sopravvivenza della tradizione più autentica del lago. Quella di chi sul lago ci vive e ci tribola davvero. Che piova o che ci sia il sole, nella nebbia o coi venti più bastardi. Perché loro, i pescatori, sono l’anima vera del Garda.

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