sabato, Aprile 20, 2024
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Il racconto di Amelì

Gli animali di casa Tani

Oggi Rosanna Tani fa risalire il suo amore per gli animali ai racconti sentiti sullo zio Orlando, il colonnello veterinario di cavalleria di Roseto degli Abruzzi. Comunque la sua famiglia a Firenze non poteva tenere animali: nessuno nell’appartamento aveva tempo per accudirli. Il primo animale molto amato della famiglia Tani fu Pucci, un cagnolino di razza imprecisata.

Rosanna era da qualche anno sposata a Fulvio Tani e vivevano a Cuorgné in un appartamento di un caseggiato adiacente alla fabbrica del marito. Un giorno la portinaia mostrò al sig. Fulvio, rientrante dal lavoro, un cucciolo che era nato o capitato in portineria. Il sig. Tani lo prese in braccio e accarezzandolo lo portò di sopra. L’animaletto, appena messo a terra, corse nella cameretta, dall’uscio aperto, della signora Ernesta, madre di Rosanna, e lì rimase. Divenne subito il cagnolino della sig. Coello, in realtà tutti gli volevano bene. Seguiva la famiglia ovunque si spostasse: sia che andassero a Roseto o a Firenze o in montagna. Naturalmente venne a Desenzano, quando i signori Tani si spostarono qui e presero residenza in casa Castoldi dal vasto giardino. La signora Ernesta era indicata come la signora del cagnolino da chi ancora non la conosceva per nome in viale Andreis. Il cuccioletto dopo un anno era diventato un po’ più grande, ma non di tanto. Grazioso, ricambiava le attenzioni della famiglia con una fedeltà e un’affettuosità semplice disarmanti. Ebbe le cure anche di Albertina, la fidata e brava domestica dei signori Castoldi. Quando invecchiò e più tardi morì, all’età di 17 anni, il cagnolino fu sepolto nel giardino di casa Castoldi. Ebbe la commozione dei signori Tani, ma dispiacque non vederlo più pure agli abituali passanti del viale. Era stato un cagnolino gentile.

Non ci furono per molti anni altre occasioni per tenere animali. Nel 1970 la famiglia si trasferì in via Cesare Battisti, in altro contesto abitativo con ben precise regole condominiali. Nel 1980 morì la signora Ernesta, che, legatissima alla figlia, sempre aveva abitato con lei. Riservata, non aveva mai disturbato la vita coniugale di Fulvio e Rosanna. Per questo era apprezzata da Fulvio Tani.

Marito e moglie, rimasti soli nel grande appartamento, vivevano giorno per giorno la quotidianità del lavoro e gli impegni di casa, di quella loro casa che amavano sempre di più.

Nel 1994, un mattino di febbraio, in seguito ad un ictus, il signor Tani andò in coma. Venne portato alla clinica Pederzoli di Peschiera, ma non avvenne  la ripresa e dopo pochi giorni finì la sua vita.     

La signora Rosanna rimase a lungo prostrata da questo improvviso accadimento. Le mancava la vicinanza di una persona cara dalla grande sensibilità, il compagno che con lei condivideva molti interessi culturali, il sommesso ma preciso scambio di opinioni sul daffare giornaliero, la divisione di compiti che si era andata consolidando nel corso degli anni, la presenza fiduciosa di qualcuno che le aveva mostrato una continua stima. E tanto altro ancora.

Al di là delle visite di compianto di parenti e amici, si senti del tutto sola.

Due furono gli ami che la tennero legata all’esistenza: la richiesta di aiuto nello studio da parte dei ragazzi che vedeva al pomeriggio e l’ingresso nella casa di due gattini.

Una mattina di quel triste 1994, Rosanna aprì l’uscio e trovò un micino che la guardava sgranando gli occhi. Era piccolo piccolo e Rosanna lo prese e lo portò in cucina. Che fosse stato il pensiero buono di un vicino o, come lei sostiene, l’intervento della manzoniana Provvidenza, non si sa, ma il gattino bevve l’acqua dalla ciotola che gli veniva porta e poi diede una leccatina alla mano di chi l’aveva soccorso. La signora Tani lo chiamò Musetto e prese ad accudirlo come sempre faceva con ogni essere vivente, animale o pianta, vicino a lei. Il micio, un gattino della razza più comune che ci sia, da spennacchiato divenne, in meno di un mese, bellissimo: nell’aspetto e nei modi pareva un animaletto da mostra. Lo stesso capitò poco tempo dopo con un secondo trovatello, un micino che stavolta Rosanna chiamò Serafino.

I due gatti si ambientarono subito nell’appartamento delle Rive e non cercarono vie di fuga o di avventura. Con il collarino antipulci al collo, camminavano dignitosi sui tappeti della sala al mattino, in attesa che la padrona si alzasse, dato che loro erano più mattinieri. Ma tutto era predisposto per ogni loro necessità: la cassetta con la sabbia per i bisogni naturali, la ciotola per l’acqua, la tazza per il latte e il cibo da loro preferito. Ciascuno aveva scelto un punto preferito della grande stanza e lì si raggomitolavano su se stessi sonnecchiando. Quando sentivano Rosanna camminare nel corridoio, si alzavano, si stiracchiavano e le si facevano incontro strofinando il musetto ai suoi calzoni. Lei li accarezzava e, senza esagerare nelle smancerie, si metteva a occuparsi della casa. Tutto proseguiva tranquillo, in un grande silenzio, poche voci risuonavano nelle stanze. Anche chi veniva per riordinare sapeva il suo compito e non aveva bisogno di lunghi discorsi. I gatti riprendevano subito i personali intenti e perdevano ore a leccarsi le zampette anteriori, a strofinare la lingua sul pelo. In genere non litigavano, ma se succedeva, erano redarguiti soprattutto da chi doveva raccogliere i peli lasciati dalle baruffe. Erano guai di poco conto. Il pomeriggio i mici erano contenti dell’arrivo di giovani studenti. Quando vedevano la padrona intenta a tradurre e a spiegare costruzioni bislacche in greco o in latino, saltavano sul tavolo da lavoro ora l’uno ora l‘altro e camminavano su e giù sopra le pagine di libri e quaderni. Costringevano gli umani a prender parte della loro vita divertendosi placidamente. A sera, quando l’ultimo ospite era uscito, i signori gatti aspettavano il momento che Rosanna cenasse, riordinasse la cucina e si sedesse sul divano davanti al televisore. All’accendersi del video, balzavano sul divano senza sforzo, Musetto alla destra e Serafino alla sinistra di Rosanna; le sfioravano i fianchi e si acciambellavano ai due lati della padrona senza aspettarsi nulla. In questo modo rompevano il velo della solitudine così pesante alla sera. La signora Tani si andava via via tranquillizzando delle preoccupazioni della giornata e riusciva a seguire tutti i telegiornali dei vari canali o le trasmissioni sull’attualità.

Quando spegneva le luci per entrare in camera, i due gatti l’avevano già preceduta e li trovava spaparanzati sul letto ai piedi della coperta.  Così ogni notte e ogni giorno.

Musetto è morto nel 2011, Serafino nel 2012; la signora ha fatto cremare i loro corpi e ne ha tenuto le ceneri.

Ora Rosanna Tani ha Titina, una giovane micia nostrana, anche lei trasformata da animaletto selvatico in una gattina dal pelo soffice, vellutato. È birichina ancora e va in cerca di avventure, facendo preoccupare non poco la padrona, ma poi alla sera cerca Rosanna e le si accoccola sul letto.

(A.D.)

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