venerdì, Aprile 19, 2024
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Il direttore del centro commerciale interviene contro Confcommercio e Confesercenti e a favore del regime turistico. «Chiudere di domenica non aiuta i negozi»

Grand’Affi va al contrattacco

Continua a far discutere la legge regionale 62 che ha determinato la chiusura per molte domeniche all’anno dei centri commerciali di Affi. Legge confermata dal mancato accoglimento dell’ultimo ricorso presentato dai Comuni alla Corte Europea. Il direttore del Grand’Affi e amministratore del consorzio operatori Grand’Affi, Franco Villa, contesta le dichiarazioni di Confcommercio e Confesercenti, le quali invece avevano avallato i contenuti della legge regionale, che non rinnovando la patente di paesi turistici ai Comuni dell’entroterra gardesano ha posto fine anche all’apertura domenicale delle loro aree commerciali.La legge è entrata a regime nel gennaio 2006 dopo un iter di ricorsi presentati dai Comuni a Tar, Corte costituzionale e Corte europea, conclusosi in ottobre con la decisione della Commissione europea di non accogliere l’ultimo ricorso, considerando la questione di carattere nazionale. Epilogo siglato da Confesercenti, schierata contro l’assedio al mercato della grande distribuzione, mentre Confcommercio non va oltre il limite delle 14 domeniche aperte per il periodo estivo e natalizio. Queste posizioni non sono per niente piaciute al direttore del Grand’Affi, che invece si sta battendo per ritornare all’assetto preesistente, con 34-35 domeniche all’anno aperte. «Affi deve essere considerato Comune a prevalente economia turistica, questo è il titolo esatto della legge, perché è un paese dove il reddito delle imprese operanti è fondato quasi esclusivamente sul turismo. Nella loro cieca crociata contro i centri commerciali, Confesercenti e Confcommercio commettono due grossi errori. Il primo è considerare tutti i centri commerciali alla stessa stregua: un centro in prossimità del lago non ha certo la stessa stagionalità di un centro a San Giovanni Lupatoto». «Secondo errore», prosegue Villa, «è non considerare che all’interno dei centri commerciali operano commercianti che hanno lo stesso rischio di impresa di una qualsiasi attività tradizionale. Interessi che dovrebbero essere tutelati dalle associazioni di categoria e che invece il livore con il quale viene sempre affrontata la questione di Affi, fa pensare che per le associazioni esistano commercianti di serie A e di serie B. Tanto che molti esercenti di Affi non hanno rinnovato l’iscrizione alle associazioni di categoria, proprio perché non si sono sentiti tutelati quando si sono dichiarati a favore della legge». Il direttore del Grand’Affi non risparmia tesi e aggiunge: «In tutta questa polemica, non dimentichiamo che noi stiamo semplicemente chiedendo di poter lavorare e dare posti di lavoro: stiamo chiedendo una cosa che dovrebbe essere concessa naturalmente da un governo regionale che si definisce liberale e liberista. A chi dice che ci sono insediamenti sproporzionati sul territorio, rispondo che la soluzione è impedire la proliferazione selvaggia di attività commerciali in genere e non tagliare le gambe a quanti già operano. Fanno male al commercio non solo i centri commerciali in eccesso, ma anche le spropositate concentrazioni di alcune merceologie». «È stato detto che la legge è giusta. È assolutamente discutibile: una legge è giusta se viene partorita dopo aver ascoltato tutte le parti in causa: la 62 è stata un colpo di mano, fatta senza aver interpellato né i sindaci, né gli assessori al commercio, né i commercianti o i loro rappresentanti e senza aver fatto studi dei flussi turistici». «Paradossale», sottolinea Villa, «che nel ’99, proprio mentre veniva fatta la legge dall’assessore al commercio regionale, che depredava Affi del titolo di comune ad economia turistica, l’assessore al turismo del Veneto battezzava Affi come la porta del lago di Garda».Il direttore del Grand’Affi aggiunge: «È falso sostenere che ad Affi sono solo le grandi strutture ad essere interessate ad aprire la domenica: lo sono anche moltissimi piccoli commercianti e quelli che non sono interessati non hanno nessun obbligo di stare aperti, è solo un’opportunità in più che viene concessa».Tra i lavoratori c’è chi vede con favore l’opportunità in più e chi pensa che di lavorare anche alla domenica non se ne parla. E c’è anche da aggiungere, che con le 14 domeniche aperte che coprono il periodo estivo e natalizio, non è che vengano tutelati poi molto i negozi dei paesi del lago, dato che d’estate quando c’è il grosso del lavoro sono comunque aperti anche i centri commerciali, chiusi d’inverno quando anche la maggioranza dei piccoli negozi lacustri è chiusa. Villa infatti precisa: «Le deroghe dal 15 marzo al 4 novembre non sono state create a caso: in questo periodo cadono le festività pasquali, il 25 aprile e il primo maggio, Pentecoste, Corpus domini, Ascensione e Santissima trinità: quattro settimane in fila che in centro Europa sono ricche di vacanze. Poi inizia la primavera-estate e con il bel tempo arrivano alla domenica persone dall’Alto-Adige, Trentino, Verona e ovunque a fare un giro sul lago».«C’è anche un’altra grossa incongruenza», conclude Villa, «se si pensa che lo Stato ammette per alcune tipologie merceologiche la vendita tutte le domeniche dell’anno e per altre no, così si possono comprare mobili o piante mentre non si puòcomprare il pane. È un assurdo. A quanti ci invitano ad avere una visione meno egoistica del territorio, rispondo che dovrebbero essere loro ad avere una maggiore conoscenza della realtà territoriale del veronese».

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