Un nuovo volume dello studioso Fabio Gaggia edito dal Centro studi per il territorio benacense. In 112 pagine ipotesi sulla datazione delle incisioni e interpretazioni inedite
«I graffiti sul Garda» tornano in libreria
A volte ritornano, si dice, ma talvolta è proprio un bene che ciò accada. Specialmente quando si tratta di buoni libri, come nel caso del volume Graffiti sul Garda di Fabio Gaggia (112 pagine, numerose illustrazioni in bianco e nero e disegni), recentemente edito dal Centro studi per il territorio benacense. Graffiti sul Garda , è bene specificarlo subito, non è la semplice ristampa dell’ormai celebre volume Le incisioni rupestri del lago di Garda pubblicato nel 1982 e divenuto da tempo una rarità bibliografica nonché un piccolo oggetto di culto per studiosi, appassionati o semplici curiosi dell’entroterra gardesano. L’ultima fatica editoriale di Gaggia, infatti, rappresenta la sintesi dei numerosi studi effettuati nell’ultimo ventennio dall’autore, che non è certo rimasto a riposare sugli allori, ma che ha continuato la sua ricerca tanto sul territorio quanto a tavolino intorno alle «sue» amatissime incisioni. Lo schema di base è ovviamente costituito dal precedente volume e dalle indagini effettuate fra gli anni Sessanta ed Ottanta dallo stesso Gaggia sotto la guida del professor Mario Pasotti, indimenticata figura di studioso il cui spirito di ricerca aleggia fra le righe dalla prima all’ultima pagina del libro. Però il volume di oggi offre una serie di interessanti approfondimenti e di opportuni aggiornamenti che lo rendono uno strumento di lavoro indispensabile per chi voglia procedere nello studio delle testimonianze figurative incise sulle rocce gardesane e una guida chiara e precisa per coloro che, più semplicemente, intendono conoscerle ed ammirarle. Come sottolinea giustamente nell’introduzione al volume Giorgio Vedovelli, responsabile del Museo del castello scaligero di Torri che ospita all’interno delle proprie sale un’esposizione dedicata proprio ai graffiti del Garda, nel libro «compare uno degli aspetti meno studiati di tutto il vasto e complesso argomento dei graffiti e cioè la datazione degli stessi, qui affrontata in maniera sistematica e scientifica, con il tentativo inoltre di decifrare e interpretare due incisioni rupestri benacensi: la cosiddetta Pietra della luna, a Cavrie di Torri del Benaco, e la Pietra di San Sevino, a Manerba del Garda, con l’aiuto incrociato di archeologia, letteratura orale popolare e cultura ecclesiastica». Compaiono poi altri studi, peraltro già editi ma per motivi vari riservati ad un numero ristretto di appassionati, vale a dire quelli riguardanti le croci di confine e il gioco del merlér, con ciò ribadendo l’importanza che assumono anche le incisioni non preistoriche. I segni dell’epoca preistorica, contrariamente a quanto alcuni potrebbero essere indotti a credere, sono tutt’altro che numerosi, complici l’erosione delle tenere rocce calcaree usate come tavolette di scrittura. Ciò nulla toglie, però, all’importanza delle incisioni di epoca storica, che costituiscono comunque dei capitoli rilevanti della nostra storia locale. La pubblicazione di quest’opera, il suo sicuro successo di pubblico e l’interesse che susciterà sono tutti elementi che porteranno ad una maggiore frequentazione delle località interessate dalla presenza dei graffiti. Conseguentemente diventerà improcrastinabile un intervento, peraltro già ampiamente ventilato, di valorizzazione culturale globale e soprattutto di salvaguardia di questo patrimonio che, fra l’altro, sorge in buona parte — il riferimento va in modo particolare alle incisioni del Monte Luppia — in un territorio che già rientra in un piano di tutela ambientale.