venerdì, Aprile 19, 2024
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Il vecchio rituale romano del matrimonio era stato proposto dalla Chiesa italiana 35 anni orsono. Semplicità e sobrietà caratterizzano dal 28 novembre le celebrazioni religiose

Il giorno del «sì» con nuove regole

Le note del «Largo» di Haendel che piovono dall’organo sull’ingresso della sposa in un profluvio di fiori, l’Ave Maria di Gounod a sottolineatura di qualche lacrima di commozione… scene da un matrimonio-spettacolo che rischia di allontanare il pensiero dalla celebrazione dell’amore di Dio. La nuova formula, entrata in vigore nella prima domenica di Avvento, richiama alla «semplicità e sobrietà che devono caratterizzare le celebrazioni cristiane, a vantaggio della loro verità e coerenza»: la sottolineatura si trova nelle indicazioni dell’Ufficio liturgico diocesano, che alle novità del rito, dei gesti e delle letture aggiunge il «perchè» dei cambiamenti. Il Rituale romano del sacramento del matrimonio era stato proposto dalla Chiesa italiana trentacinque anni fa. Il «Rito del matrimonio» tende a rispondere in forma più adeguata alla sensibilità spirituale delle nuove generazioni. Gli sposi, ministri del sacramento, sono chiamati a tradurre nella loro esperienza di vita il mistero dell’unione di Cristo e della Chiesa. Non si tratta di compiere una sorta di sacra rappresentazione, ma di mettere in atto la propria fede: la liturgia è «il luogo in cui si decide della vita al cospetto di Dio». Il matrimonio diventa allora qualcosa di più di una festa, di una cerimonia, di una legittimazione pubblica: è di per sè «un atto d’amore» e gli sposi partecipano in modo attivo ai diversi momenti della celebrazione. Il sì degli sposi davanti all’altare ha la sua premessa nel battesimo: il nuovo rito d’ingresso ricorda questo momento iniziale del cammino di fede e li porta in processione al fonte battesimale per la benedizione con l’acqua benedetta. La Parola di Dio illumina lo scambio dei consensi e il rito insiste sulla sua importanza. Dopo la lettura del Vangelo, gli sposi baciano l’Evangeliario in segno di venerazione e di adesione. Nell’omelia, il celebrante è invitato a fare sintesi tra i testi sacri e la vita: per questo la liturgia della parola dovrà essere preparata dal sacerdote con gli sposi. Si amplia la scelta tra i brani della Bibbia, per la costruzione di «itinerari celebrativi». La preghiera dei fedeli può essere prolungata con le litanie dei santi: in modo particolare si invocheranno quelli che hanno vissuto la santità nel matrimonio. Al momento del «sì», gli sposi si possono mettere vicino all’altare: pronunceranno il loro consenso guardandosi in volto. Cambiano le parole. Non più «Io prendo te», ma «Io accolgo te». Il partner non è un possesso, ma un dono che scende dall’alto. I due sposi si accolgono vicendevolmente come dono di Dio. La benedizione degli sposi può essere anticipata dopo lo scambio degli anelli, come invocazione della forza dello Spirito. Agli sposi viene consegnata la Bibbia, perchè sia per loro la luce che illumina il cammino. Sempre più spesso, la richiesta del matrimonio cristiano viene rivolta al sacerdote da coppie che non hanno maturato un chiaro orientamento cristiano e che non vivono una piena appartenenza alla Chiesa: per questi battezzati che non rifiutano esplicitamente la fede le nuove disposizioni prevedono la possibilità di celebrare il matrimonio senza la Messa. L’Eucarestia è il vertice dell’esperienza cristiana. Una celebrazione imperniata sulla memoria del battesimo e sulla liturgia della Parola «è pienamente capace di illuminare la dimensione sacramentale del matrimonio e di esprimere il desiderio dell’Eucarestia», dicono le indicazioni proposte da don Pierino Boselli, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, in vista dell’entrata in vigore della nuova formula del matrimonio cristiano. Il nuovo rito, insomma, favorisce una visione del matrimonio meno folcloristica e romantica: trasporta decisamente nel campo della fede, invita a vivere la decisione di sposarsi come risposta ad una chiamata di Dio, che viene dal battesimo. Decidendo di unire le loro vite invocando la benedizione del Signore, gli sposi cristiani testimoniano pubblicamente la loro fede e richiamano la perenne attualità dell’amore di Dio: proclamano nella Chiesa la buona novella dell’amore coniugale, nel rito si annuncia la Parola che salva ed eleva l’amore umano.

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