sabato, Aprile 20, 2024
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Dalle sorgenti al cinema l’acqua è protagonista nel nuovo «Quaderno»

Il lago è sempre più risorsa strategica

L’ultimo numero dei Quaderni della Comunità del Garda («Il Garda», a cura di Carla Boroni) è dedicato all’acqua, il tema scelto dall’Onu per l’anno 2003. Acqua dolce, naturalmente, metafora della presenza dell’uomo sulla terra, culla delle civiltà tra il Tigri e l’Eufrate, il Nilo e il fiume Giallo, l’Indo e il Gange. Nel cimitero protestante di Roma, scrive in apertura Wilda Nervi, c’è una tomba senza nome. Su di essa un epitaffio recita: «Qui giace un uomo il cui nome fu scritto sull’acqua». Come il nome di noi tutti. E’ la tomba del poeta romantico John Keats. Acqua che plasma il territorio, lo modella e lo trasforma, come fa il torrente Brasa nell’imponente canyon di Tremosine scavando la roccia per uno-due millimetri all’anno. Simone Bottura ricorda che solo nell’area nord occidentale del Garda sono censite oltre cento cavità carsiche. Molte sorgenti sgorgano dalla terra, particolarmente ricco è il territorio del monte Spino e del Pizzocolo, dove si trovano le sorgenti Cervano, Camerate, Segrane. Ma nessuno sa quante ce ne sono sotto la superficie del Garda. Indicibile quanto succede oggi, con i fiumi imbrigliati dalle dighe, immensi laghi artificiali, acque sempre più inquinate. Un terzo dell’umanità – ricorda Vincenzo Ceschini – manca di acqua. Il ciclo idrologico è continuo: l’acqua evapora, torna sulla terra sotto forma di pioggia e ritorna per mille vie al mare, ma diventa risorsa limitata e da salvaguardare a causa dell’inquinamento provocato dagli usi dissennati dell’uomo. Il consumo d’acqua è raddoppiato in mezzo secolo, la si attinge da pozzi sempre più profondi; l’acqua del Garda, appena clorata, dà già da bere a numerosi paesi rivieraschi, ma è sempre più ambita dai grossi centri della pianura. Tutti capiscono che l’acqua è la fonte della vita sulla Terra, che dovrebbe essere un diritto per tutti, ma, non essendo la coerenza un’apprezzata virtù, sull’acqua si inquina, si specula, si sperpera. Chi, a parte i pescatori – scrive Piercarlo Belotti – guarda ancora il fondale del lago e sa interpretare dalle erbe che vi crescono la presenza dei pesci e l’avanzare o regredire dell’inquinamento? Nino Dolfo racconta di «Pianeta azzurro» (1982), il primo lungometraggio di Franco Piavoli, poema sul ciclo biologico vitale. Altri saggi mostrano la bellezza dell’acqua. Anita Ronchi parla di Nietzsche che giunge a Riva nel 1880 per dare una svolta alla propria vita, convertirsi in un vagabondo che – semplicemente – cammina per il mondo. Cesare Lievi, intervistato da Magda Biglia, regala anche una poesia sul Baldo. Chiara Bertoldi ricorda i pittori che si ispirarono al lago, in particolare Camille Corot, che mutò il modo di sentire e descrivere il Garda nei dipinti su Desenzano e su Riva rifiutando la idealizzazione e dando al paesaggio benacense dignità autonoma. Ma il male è sempre vicino, calato nella storia. A Desenzano, durante il fascismo, si giocava sull’acqua la vita di avventurosi piloti. Uno alla volta – racconta Vittorio Nichilo – gli uomini del reparto Alta Velocità finirono tragicamente nelle acque del lago per strappare un record di cui il regime potesse vantarsi. Infine la scuola fu chiusa.

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