giovedì, Aprile 25, 2024
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Il sito del Lavagnone, dopo aver restituito l’aratro più antico del mondo, regala altri tesori. Servirà a conservare importanti reperti del neolitico in vimini

Il museo in cerca del «frigo»

Dal Lavagnone, sito del basso Garda abitato fin dal VI millennio a.C., che ha restituito quaranta secoli dopo il più antico aratro al mondo, che risale al 2000 a.C, sono di recente affiorati altri importanti reperti archeologici, tra cui due cesti di vimini. Intanto gli esperti e i ricercatori che da decenni lavorano ormai in pianta stabile a Desenzano hanno avviato un censimento del materiale ligneo o in fibra vegetale rinvenuto nel corso di scavi. I due cesti, oltre a numerosi manufatti in legno, come manici di asce e pugnali, recipienti, eccetera, per continuare a restare integri dovranno essere conservati in un’apparecchiatura refrigerante, una sorta di frigorifero «a temperature positive», impianto che proietterebbe il Museo «Rambotti» di Desenzano, dove fra l’altro è conservato l’aratro, all’avanguardia in àmbito regionale. Inoltre il «frigo» permetterebbe la conservazione di altri oggetti in fibra vegetale e legno, oggi scarsamente documentati nei musei archeologici. Il progetto è racchiuso nella documentazione che il Comune di Desenzano ha inoltrato alla Regione Lombardia per ottenere un finanziamento per il progetto annuale «La rete si conosce» di cui proprio il museo «Rambotti» è il capofila. Della rete dei musei archeologici della Lombardia orientale fanno parte Cremona, Crema, Castelleone, Asola, Piadena, Gavardo, Manerbio, Manerba del Garda, Remedello, Brescia, Viadana e Cavriana. Oltre al progetto per la conservazione del legno, gli esperti dell’ufficio Cultura, unitamente agli archeologi, ne hanno messi a punto altri due: l’insediamento palafitticolo del Lavagnone e la promozione delle collezioni museali. In totale la domanda di finanzianamento si aggira sui 53 mila euro, mentre la spesa complessiva è di 80 mila euro (i restanti saranno a carico del Comune). I circa 30 ettari del sito del Lavagnone rappresentano un inestimabile patrimonio archeologico e storico mondiale, perché è ricco di testimonianze di età preistorica: esso è stato frequentato dal Mesolitico (VI millennio a.C.) ed abitato in tutta l’epoca del Bronzo sia su palafitte che su terra. Il progetto di studi, pertanto, permetterebbe di fornire un contributo significativo alla ricostruzione della storia del clima, correlando alle diverse fasi archeologiche sicuramente databili il continuo alternarsi di fasi climatiche aride e umide, caldo-temperate e fresche. Sempre il Lavagnone è finora l’unico sito archeologico italiano in cui sia documentata l’intera sequenza cronologica dell’età del Bronzo, con dettagliata articolazione in fasi e sottofasi. Da qui l’esigenza, sostengono gli studiosi tra cui l’équipe americana del prof. Kuniholm della Cornell University, di continuare le campagne di scavi in alcuni settori del sito. Infine la promozione della rete museale. Tra i progetti futuri ci sono l’ampliamento del sito web, la raccolta e lo scambio di documentazione e lo sviluppo della banca dati e, via via, una serie di iniziative per portare i musei «in mezzo alla gente».

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