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Dal 983 fino all’attuale don Achille Bocci. Il primo prete fu il presbitero Gisemperto

Il paese ha visto ben 51 parroci

Siamo arrivati a quota 51. Dal 983 ad oggi, meglio anno 2002, sono ben 51 i parroci che si sono succeduti fino ad oggi; con don Achille Bocci siamo appunto a quota 51. Sono comunque poche le notizie storiche registrate e rinvenute presso gli archivi parrocchiali, ma le poche raccolte tracciano un profilo storico importante e riflettono la storia generale della disciplina ecclesiastica: decaduta, con il declino delle pievi, durante la cattività avignonese (1308 – 1377) e lo scisma d’Occidente (1378-1417); ristabilita in seguito alle prescrizioni del Concilio di Trento. Lo evidenzia chiaramente don Giovanni Agostini quando parla di pievani e chierici nel suo «cimelio» storico letterario «Lazise nella storia e nell’arte» dove a pagina 176 riporta, appunto dal 983, ovvero dall’inizio del diploma ottoniano con il presbitero Gisemperto, la nomina dei parroci e dei canonici in territorio lacisiense. Il capostipite del clero lacisiense fu proprio Gisemperto, uno dei diciotto capi del paese, ai quali l’imperatore Ottone II concesse i noti ed importanti privilegi. Da Gisemperto ad oggi se ne sono succeduti ben 50, ognuno con i propri talenti, le proprie virtù, le proprie debolezze e limiti «degli umani». La pieve di San Martino di Lazise, nel 1543, era guidata dall’arciprete Andrea Calistano, successore di Lazzaro Calistano, ed a lui successe, fino al 1559 Gilio Calistano. In questi tempi la pieve offrì «beneficio», ovvero rendite, a Giacomo Cocco, arcivescovo di Corfù, e a monsignor Giovanni Della Casa, che passò molti anni alla corte del vescovo Giberti, il quale fu segretario di Stato di papa Paolo IV e che scrisse il famoso «Galateo». Bartolomeo Flacco nel 1559 fu eletto arciprete di Lazise il 30 agosto e il 12 settembre, ma non si sa per quale motivazione, improvvisamente rinunciò all’incarico. Gli succedette Francesco Varugola, uno dei componenti della nobile ed illustre famiglia veronese, la quale, poi, diede a Lazise altri due pievani, Alessandro e ancora Francesco (1561 – 1566). Francesco Barbieri (1571 – 1584) il 3 maggio 1580 riceve dal Comune otto libbre di buon pesce per la congega e diviene esecutore, sotto il controllo dell’amministrazione comunale, di un legato di pane, vino e minestra di fave, da eseguirsi ogni anno nella festa di San Martino, patrono della cittadina, l’11 novembre di ogni anno. Tobia Tobioli (1628-1630) morì il 3 giugno 1630 a causa del «grande contagio», ovvero a causa della peste. Solitamente i pievani erano legati alla loro gente e alla loro chiesa. Si adoperavano per entrambe affinché fossero «vivibili». Erano legati alla loro missione pastorale ed erano miti e sottomessi alla curia vescovile. Il 32° parroco di Lazise però non corrispose minimamente ai dettami ed alle regole del tempo e dei superiori. Domenico Palmieri fu eletto nel 1651 e rimase a Lazise come arciprete fino al 1666. Era di carattere impetuoso, litigò con gli uomini ed il cappellano del Comune, per causa delle elemosine delle anime. Si lasciava talmente dominare dall’ira, fino ad intimare al padre predicatore di scendere dal pulpito; e fino ad estrarre il pugnale, che allora erano costretti a portare anche i gentiluomini, in pubblico alterco, avuto con uno dei suoi preti. Antonio Broglia, di Peschiera, fu il 42° arciprete di Lazise. Fu eletto nel 1832 il 20 settembre. Lavorò molto per l’edificazione spirituale della parrocchia, particolarmente per la gioventù. Ebbe doti non comuni di organizzatore e di amministratore. Completò in tre anni la fabbrica della chiesa, arredandola, poi, di panche e di organo. Nel 1848 si trovò in mezzo al parapiglia provocato dai legionari di Luciano Manara. Resta ancora nella memoria di alcuni anziani fedeli, per il suo impegno nel completamento dei lavori della chiesa parrocchiale, don Bartolomeo Tomezzoli. Era di Lazise e gestì la parrocchia dal 1868 fino al 1904. Fu sacerdote esemplare, e per l’austerità della vita, e per la generosità usata verso i poveri. Si ricordano ancora Alessandro Mazzoni (1906 – 1932) per aver fatto trasformare l’antica torre di San Martino, al cimitero, in sepolcro con cappella, tomba e loculi, recentemente restaurata e monsignor Giuseppe Mantovani, segretario particolare di monsignor Orsenigo, nunzio apostolico in Olanda, cameriere segreto di Sua Santità, che fu arciprete di Lazise dal 1933 al 1953. Il resto è storia recente: don Sisto Valle dal 1953 al 1963, monsignor Zeffirino Furri, monsignor Giuseppe Boaretto, ora parroco di Lonato, don Edoardo Sacchella, parroco di Santa Anastasia, infine don Alessandro Pasquini, rimasto a Lazise solamente tredici mesi, e da soli 40 giorni don Achille Bocci, ex missionario in Ciad.

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