venerdì, Marzo 29, 2024
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Un cameraman bresciano ha individuato il «Diana» provando l’operazione fondali puliti. Il sommergibile da ripresa l’ha scovato a una profondità di 120 metri

Il robot scopre il barcone affondato

Il lago i suoi segreti li svela un po’ per volta, quasi ne fosse geloso. Stavolta eccolo restituire una barca. Anzi, un barcone, il Diana. Uno di quelli che si usavano un tempo sul Garda per il trasporto delle mercanzie. Ci si portavano su soprattutto bestiame, legna o pietre. Questo ha ancora tutto il suo carico: enormi blocchi di calcare. L’ha ritrovato un cameraman bresciano, Angelo Modina. Stava perlustrando il fondale davanti a Brenzone con un robot sommergibile. Si è imbattuto nel relitto di una barca lunga circa 18 metri, con due alberi. A 120 metri di profondità. «Dal buio del fondo del lago», racconta Modina, «ci è apparsa come una nave fantasma. È lì sotto da più di 80 anni. È in perfetto assetto di navigazione, con la prua rivolta a sud, l’ancora fissata sulla fiancata. Nella stiva di carico ci sono delle pietre legate fra di loro. Le carrucole, le cime ancora in tensione, la barra del timone e le scotte bloccate al piede dell’albero ci hanno dato quasi l’impressione di un abbandono recente». Modina vive sulla riva lombarda del lago, a Maderno, ed è responsabile della Vrm, un’azienda di produzioni televisive. Il suo piccolo sommergibile da ripresa, il Nicolus, è dotato di tre motori e due telecamere. Può operare fino a 300 metri di profondità. Nei giorni scorsi era in azione davanti a Brenzone. Insieme al cameramen c’erano il figlio Daniel, pilota del Nicolus, e i sub veronesi Gianni Calafà e Lorenzo Parisi. L’ispezione era una sorta di prologo alla terza edizione di «Fondali puliti», un’iniziativa ideata da Calafà e in programma il prossimo 15 giugno, col patrocinio del comune di Brenzone: un folto gruppo di subacquei recupererà rottami non biodegradabili e poi si terrà un convegno con biologi ed esperti per parlare di qualità dell’acqua e del delicato equilibrio della flora e della fauna del Benaco. «Durante il giro di perlustrazione», dice Modina, «avevamo già trovato diversi rottami, inclusi una lavatrice e un frigorifero, e una barca a vela di sei-sette metri. Ad un certo punto, le luci del robot hanno illuminato delle grosse pietre estranee al naturale fondo del lago. Dopo poche decine di metri, improvvisamente ecco un’imponente sagoma nera. Superati i primi momenti di curiosità, abbiamo realizzato che eravamo incappati sotto la poppa di una grande imbarcazione. Siamo rimasti colpiti dalla bellezza e dal buono stato dello scafo». La nave è in acciaio, ma ha il ponte, la cabina e gli alberi di legno. Non è faccenda di tutti i giorni ritrovare un relitto del genere. Oltretutto così ben conservato. «A terra», prosegue Modina, «un anziano del posto ci ha detto che suo padre era su quell’imbarcazione e che era affondata dopo la metà degli anni Venti per una cattiva manovra che ha causato lo spostamento del carico. I membri dell’equipaggio erano stati portati a terra dai pescatori accorsi con le loro barche». Per l’epoca era una barca modernissima. Era stata varata a Riva del Garda col nome di Diana. Pare che in Comune, a Brenzone, si stia valutando l’ipotesi di un suo clamoroso, spettacolare recupero.

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