venerdì, Marzo 29, 2024
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Dopo 14 anni lascia la parrocchia: ha fatto tetti, chiesa, oratorio, casa delle suore

Il saluto di don Dario, l’arciprete della malta

«Lasciare è doloroso, ma il cambio può essere positivo». Don Dario Pret, dopo 14 anni, si appresta a lasciare Riva e santa Maria Assunta, inviato a Cles dal vescovo cui ha promesso obbedienza nel giorno dell’ordinazione sacerdotale. «Quando monsignor Bressan ha chiesto, a me come ad altri sacerdoti della diocesi, la disponibilità, io l’ho data, convinta e totale, in assoluta serenità».Questo non toglie che sarebbe rimasto volentieri a Riva. L’avvicendamento dei parroci è un fatto fisiologico nella Chiesa afflitta da una rarefazione progressiva delle vocazioni. «Magari cambiare è positivo. Dopo 14 anni – spiega don Dario – si rischia di ripetere, un anno dopo l’altro, le stesse cose». L’alternanza può rappresentare una sferzata, la scoperta di altre cose da fare, la possibilità di farle diversamente e meglio. Quattordici anni fa don Dario arrivava da Pieve Tesino, dov’era rimasto per i 18 anni precedenti. Ammette che era perplesso, spaurito. Come chi ha consapevolezza di venire in città da un paesino: dovunque sei ed alzi gli occhi, vedi il campanile. Altra gente, problemi, un altro metro. Per di più con la consapevolezza di predecessori di grande statura coi quali inevitabilmente confrontarsi, primo fra tutti monsignor Bartoli. Ma le paure sono durate poco, soprattutto grazie ad una caratteristica – sia virtù o sia qualcos’altro – che tutti, amici o meno, riconoscono a don Dario: quella di essere se stesso sempre.Da quando è arrivato ha messo mano ad una mole considerevole di interventi sugli immobili: rifatti i tetti, chiesa, Oratorio, casa delle suore. «Mi hanno chiamato il prete della malta» – dice sorridendo, ma subito aggiunge che gli dispiacerebbe se l’attenzione per quel genere di problemi avesse sottratto troppo tempo alla pastorale. E comunque se ne va col rammarico di non esser riuscito a finire l’Inviolata. Però è convinto che sia meglio andare cauti, pensarci mille volte prima di agire. Questo stile sobrio e concreto di essere pastore lo racconterà per l’ultima volta ai rivani domenica prossima, alla Messa delle 11. Sarà concreto e preciso, sì. Ma anche commosso.

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