venerdì, Aprile 19, 2024
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Una raccolta di firme per ottenere l'eliminazione di una discriminante ormai inaccettabile fra Trento e periferia. L'iniziativa è stata illustrata da Rosarita Bonometti e Pietro Fabbri

In tremila esigono il medico in ambulanza

Poniamo il caso che ci sia un’emergenza sanitaria, incidente, infarto o altro. A Trento e dintorni, la chiamata al 118 provoca l’uscita immediata dell’ambulanza e dell’automedica, a bordo della quale un medico, generalmente rianimatore, è in grado di valutare la gravità del caso e predisporre di conseguenza tutta la serie degli interventi ritenuti necessari nel caso specifico. A Riva, come a Rovereto o a Tione, le cose vanno diversamente.In periferia esce l’ambulanza a bordo della quale quando va bene (non succede sempre) accanto all’autista c’è un infermiere specializzato: perfettamente in grado, tanto per fare un esempio, di intubare un traumatizzato ma impossibilitato a farlo perchè si tratta di una manovra che dev’essere decisa da un medico. E così chi risiede lontano dal capoluogo ed è già meno servito (a Riva-Arco non c’è una rianimazione), finisce per essere penalizzato due volte. Contro questo stato di cose, dal 26 agosto dell’anno scorso, hanno cominciato a muoversi Rosarita Bonometti, madre di quella Silvia morta in motorino l’altra estate nel tunnel ledrense, e Pietro Fabbri, presidente della locale sezione del Tribunale del Malato. Senza trroppo insistere hanno raccolto quasi 3000 firme di cittadini che chiedono all’assessore Magnani di trovare i finanziamenti per cancellare questa inaccettabile divisione dei cittadini in serie A (con medico a bordo) e serie B (quelli della periferia). «Magari, dice Rosarita, Silvia non si sarebbe potuta salvare nemmeno se il medico ci fosse stato. Però almeno gli organi si sarebbero potuti donare, come lei stessa aveva chiesto. Il fatto di non esser riusciti nemmeno salvare la vita di qualcun altro, raddoppia l’assurda inutilità d’una morte a vent’anni. E continuano a fare le campagne di sensibilizzazione…». Pietro Fabbri disegna le tappe future dell’iniziativa: le firme verranno fotocopiate e spedite, con lettera di accompagnamento, all’assessore alla sanità Magnani, al presidente della giunta provinciale Dellai, al presidente Cristofolini, a tutti i capigruppo del consiglio provinciale. Il clima pre-elettorale dovrebbe essere favorevole, aumentando la sensibilità nei confronti di una iniziativa di cui nessuno può disconoscere l’utilità sociale. «Se non ci dovessero sentire, e tirare in ballo ancora le solite questioni di soldi -dice Fabbri- torneremo ad aprire i nostri gazebo in tutte le vallate del Trentino, ed allora di firme ne raccoglieremo decine di migliaia». C’è anche l’eventualità di un’azione legale: la provincia di Trento ha recepito una normativa nazionale secondo cui in certi casi (Riva e la Busa rientrano nella casistica) il medico in ambulanza è obbligatorio. Bolzano rispetta l’accordo sull’intero territorio provinciale, Trento discrimina in maniera offensiva. I legali del Tribunale potrebbero valutare se esista da parte dell’assessorato una violazione di accordi liberamente sottoscritti e vincolanti.

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