Intervento della Soprintendenza
Restaurati affreschi del Cinquecento. Urge il recupero del tempio
La chiesa di Sant’Andrearitrova il suo tesoro d’arte
«Lungo la via dell’Adige sono individuati vari centri ove si trovano affreschi dovuti a maestranze tardo quattrocentesche e del primo Cinquecento, ispirate in particolare a modelli di Domenico e Francesco Morone». Seguendo il filo conduttore di questa sua tesi, la dottoressa Anna Malavolta, funzionario di zona per la provincia di Verona della Soprintendenza per i beni artistici e storici di Verona, Vicenza e Rovigo, è arrivata anche a Brentino. Stasera alle 18 sarà nella chiesetta di Sant’Andrea, dove presenterà il restauro portato avanti grazie a un contributo ottenuto nel 2006 dal Ministero, su sua segnalazione. Si replica alle 20,30 in municipio a Rivalta.L’incontro «L’ignoto frescante della chiesa di Sant’Andrea – percorso artistico», rientra nell’ambito delle manifestazioni della IX Settimana della Cultura. L’iniziativa è promossa dalla Soprintendenza con l’amministrazione comunale e l’intervento, diretto da Malavolta, è stato eseguito dalla restauratrice Francesca Mariotto. «Rappresenta una ulteriore motivo di valorizzazione della Valdadige, nella nostra aspirazione a far conoscere questa terra bellissima, portandovi sempre più turisti e visitatori», commenta il sindaco Virgilio Asileppi.«Nel 2005 segnalai l’importanza e l’urgenza di recuperare gli affreschi che, da secoli, giacevano in grave stato di abbandono nella chiesetta cimiteriale di Brentino, da sempre definita nelle visite pastorali “della comunità”, edificio a sua volta bisognoso di un riassetto globale», rileva Malavolta. «Oltre all’affresco principale, un’ancona centrale affrescata, abbiamo recuperato gli altri due affreschi votivi visibili sull’ala destra, tutti databili tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI», spiega. L’ancona principale raffigura un Cristo Patients tra Sant’Andrea, titolare della chiesa, e San Giovanni Battista. I due affreschi laterali rappresentano uno la Madonna in trono con i Santi Rocco e Sebastiano e l’altro San Fabiano Vescovo con Santa Maria Maddalena e Sant’Agapito.«I dipinti murali erano in cattive condizioni e gli affreschi votivi presentavano problemi di umidità di risalita, problema parzialmente bloccato grazie a un’operazione di risanamento della muratura e della pavimentazione curata dal Comune». L’équipe della Soprintendenza si è subito concentrata sull’ancora centrale che presentava numerosi segni di atti vandalici che avevano parzialmente stravolto la lettura delle stesse particolarità fisiognomiche dei soggetti. Sant’Andrea aveva gli «occhi vuoti» e segni risalenti al periodo napoleonico imbrattavano il Cristo. Una forma di violenza che non ha potuto cancellare l’ interesse storico-artistico di quest’opera. Sulla locandina e gli inviti ufficiali sono rappresentati tre Sant’Andrea collegati tra loro. «L’immagine da me elaborata raffigura il Sant’Andrea di Brentino, il Sant’Andrea attribuito a Michele da Verona (ora in Sant’Anastasia) e l’idea originaria, cioè l’incisione del Mantegna», spiega. «Il nostro affresco è un’ulteriore testimonianza del diffondersi del linguaggio mantegnesco attraverso l’interpretazione che ne danno Domenico Morone e i figli Francesco e Michele da Verona iconograficamente e stilisticamente collegati tra loro». L’idea è riproposta anche negli affreschi votivi: «Un’altra attestazione della diffusione nel Veronese del linguaggio moroniano».Recuperare queste opere era dunque importante, ma non è stato facile: «Il lavoro è iniziato la primavera scorsa ed è terminato in ottobre», spiega Malavolta. «Abbiamo dapprima consolidato le parti che presentavano sollevamenti, poi siamo passati alla pulitura evidenziando la raffinatezza dell’affresco, quindi si è proceduto con l’integrazione pittorica, con velature ad acquerello, collegando le parti mancanti delle figure per dare unità visiva e leggibilità alle immagini». Ovviamente non sono state recuperate le parti mancanti, come gli occhi del santo. «S’è trattato di un recupero in extremis», rileva Malavolta: «Siamo soddisfatti del risultato raggiunto che è però parziale». La missione non può dunque considerarsi compiuta, dato che le opere si trovano in uno scrigno prezioso, una chiesa troppo a lungo trascurata: «Va messa in ordine, noi l’abbiamo trovata in condizioni d’abbandono». Sarebbe urgente intervenire anche in vista della promozione del territorio, obiettivo del Comune.«Uno slancio verso la sua valorizzazione potrà arrivare proprio dalla rivalutazione dei beni artistici, forse proprio da questa chiesetta che potrebbe essere riaperta e tornare a vivere. Serviranno opportuni sistemi d’allarme perché, come ho detto, è stata oggetto nel corso dei secoli di vari gesti vandalici».
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