Il referendum tra le 12 famiglie detentrici dei diritti di pesca ha modificato uno statuto di cinque secoli fa. Gli originari rimangono soci anche se vivono fuori paese
La Corporazione apre i confini
Sono andati a votare in 124 e hanno cambiato la storia del paese. Un referendum ha modificato una regola antica di cinque secoli e mezzo: quella che prevedeva che i soci della Corporazione degli antichi originari dovessero abitare a Garda se volevano spartirsi i «beni comuni», ovvero i ricavati degli affitti dei diritti di pesca sulle rive di un tratto di lago. Adesso nella Corporazione, fondata nel 1452, vengono accolti «tutti coloro», dice la nuova versione, «che portano uno dei 12 cognomi originari e che discendono da famiglie originarie da tempo immemorabile e a memoria d’uomo, indipendentemente dal luogo di residenza». Gli eredi dei Boccali, Crescini, Dall’Agnola, Fasoli, Gaggia, Maffezzoli, Malfer, Monese, Pasotti, Ragnolini, Simonelli e Tondini, le 12 famiglie storiche. La proposta di revisione statutaria ha raccolto il 70 per cento dei consensi. Solo 18 sono risultati i contrari a qualsiasi modica delle consuetudini. A comunicarlo è Fabio Gaggia, presidente del sodalizio: «Per cambiare lo statuto», spiega Gaggia, «serviva l’assenso almeno di due terzi dei votanti e il quorum è stato superato. L’esito ha dell’incredibile: che prima o poi si dovesse modificare la regola era nell’aria, ma che alla proposta più estensiva arrivasse un consenso così elevato pochi se lo sarebbero aspettato». «Del resto», prosegue Fabio Gaggia, «ormai perdevamo una decina di soci l’anno, perché a Garda non ci sono più terreni per costruire abitazioni e molti sono costretti a cercar casa ad Albarè o ad Albisano. Ecco: la gente che vive fuori paese costituirà la nostra ricchezza morale. Ancora non sappiamo quanti siano, ma contiamo che il passaparola diffonda rapidamente la notizia. Mi hanno già contattato dall’Olanda». In passato, lo statuto stabiliva che alla spartizione annuale dei dividendi potessero prendere parte solo i maschi che avessero «locus et focus» in paese, che insomma a Garda ci abitassero. Nel 2001 la prima clamorosa novità: basta con l’esclusività maschile e accesso anche alle donne. Ora non è più necessaria nemmeno la residenza. «Ma l’ammissione alla corporazione», chiarisce Gaggia, «non è automatica: serve una richiesta degli interessati. È inoltre necessario dimostrare la discendenza dalle famiglie originarie, ma l’archivio è ben documentato. In ogni caso, l’ingresso avverrà solo con l’avvio del nuovo anno sociale, che si apre il 21 di agosto. Le quote dovranno essere riscosse personalmente, senza deleghe: vorremmo che ci fosse sempre una chiara volontà di partecipazione». Tutti d’accordo, dunque? Nella sostanza sì, ma nel merito c’è qualche distinguo. Nella riunione di consiglio che ha ufficializzato l’apertura della Corporazione c’è stato un astenuto: Gigi Monese, segretario, e dunque uomo di peso, perché rappresenta la “banca”, ovvero l’autorità che distribuisce i «beni comuni», cioè i soldi, ai soci. «Auspicavo una maggiore gradualità, magari cominciando solo con l’apertura a chi abita nei Comuni confinanti», dice Monese. Il quale comunque resta d’accordo sulla questione di fondo: la Corporazione non può più vivere chiusa nella sola Garda.