Le frecce dei due Laghi. Coi motori dei carri armati Sherman le più veloci d’Italia

La Ferrovia Mantova-Peschiera (F.M.P.) – 1934–1967 di Giancarlo Ganzerla — 21a Puntata

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Di Redazione
Giancarlo Ganzerla

Il Con­sorzio del­la F.M.P., dopo aver acquis­ta­to le casse mal­ri­dotte delle auto­motri­ci ex Ansal­do, com­plete di car­rel­li, ma privi di motori, e aver recu­per­a­to par­ti mec­ca­niche ed elet­triche che si era­no in parte sal­vate, come cam­bi di veloc­ità e apparec­chia­ture di coman­do, si adop­erò per cer­care motori adat­ta­bili per le auto­motri­ci in ricostruzione. Neanche pen­sare di ordi­narne di nuovi o di chiedere alle FS motori di sec­on­da mano. Anche qui inter­venne quel pò di for­tu­na che qualche vol­ta aiu­ta chi si da da fare, pur dispo­nen­do di risorse lim­i­tate.

Fini­ta la Sec­on­da guer­ra mon­di­ale gli Amer­i­cani, per ren­dere più agev­ole il ritorno in patria, ave­vano abban­do­na­to notevoli quan­tità di automezzi, veicoli e car­ri armati, non con­ve­nien­te­mente ripara­bili per dan­ni subiti. Nel 1945 il Gov­er­no di Unità Nazionale ital­iano fondò l’A.R.A.R., Azien­da Rilie­vo Alien­azione Resid­uati, un ente pre­pos­to alla ven­di­ta dei resid­uati con­fis­cati al nemi­co o abban­do­nati. La sede uffi­ciale era a Caser­ta. In Cam­pa­nia vi era­no molti deposi­ti ali­men­tati dal­la ter­ri­bile battaglia di Mon­te­cassi­no. Fu qui che alla fine quel­li del Con­sorzio F.M.P. trovarono i motori adat­ti alla bisogna. Fu una scelta stu­di­a­ta e pon­der­a­ta tec­ni­ca­mente. L’acquisto fu pre­ce­du­to da prove accu­rate. Al cos­to di 375.000 lire per ogni motore com­ple­to, revi­sion­a­to e fun­zio­nante, pres­so la Ricu­pero Fin­sid­er S.p.A. Per­rot­ta di Napoli, furono acquis­ta­ti 12 motori. Era­no i Gen­er­al Motors tipo 6/71 a due tem­pi, con ali­men­tazione Diesel, rimossi dai car­ri armati statu­niten­si Sher­man des­ti­nati alla demolizione e gia­cen­ti pres­so il cen­tro di rac­col­ta A.R.A.R. di Caser­ta. Fu un vero affare, per­ché, per dirla con A. Mura­tori, motori sim­i­lari in ven­di­ta pres­so officine spe­cial­iz­zate ital­iane costa­vano ben 4 mil­ioni cias­cuno.

Tenen­do pre­sente che su ogni auto­motrice veni­vano mon­tati due motori, uno per cias­cun car­rel­lo, e che alla fine dal­la FMP ne sareb­bero state ricostru­ite tre, rimanevano 6 motori. Altri tre motori sareb­bero sta­ti uti­liz­za­ti per la costruzione di due auto­mo­tori, di cui uno a due assi con un motore e uno a quat­tro assi con due motori. I rima­nen­ti tre motori era­no gius­ta­mente pre­visti di scor­ta e per i turni di revi­sione.

Per com­pletare le apparec­chia­ture nec­es­sarie alle ricostruzioni, sem­pre pres­so la stes­sa dit­ta Per­rot­ta di Napoli, furono acquis­ta­ti: 3 cam­bi di veloc­ità Gen­er­al Motors a cinque marce e retro­mar­cia, 12 radi­a­tori dell’acqua, 6 radi­a­tori dell’olio, 12 motori elet­tri­ci d’avviamento Del­co-Remy, 12 com­pres­sori dell’aria bicilin­dri­ci, 12 dinamo Del­co-Remy, 2 alberi di trasmis­sione, e altri mate­ri­ali di scor­ta. Per l’arredamento inter­no ci si riv­olse alla dit­ta costrut­trice orig­i­nar­ia, l’Ansal­do di Gen­o­va, che fornì sedili e mate­ri­ale d’arredo (notizie recu­per­ate dal libro cita­to di A. Mura­tori).

Il grande mer­i­to delle Officine Mar­coni di Cur­ta­tone (MN) fu di rius­cire a met­tere insieme la car­pen­te­ria strut­turale delle casse dan­neg­giate, cioè l’ossatura fat­ta di mon­tan­ti e tra­ver­si sal­dati, rifare o sis­temare il rives­ti­men­to ester­no in lamiera d’acciaio sago­ma­to, ricostru­ire gli interni con pan­nel­li di leg­no, lamiere e estrusi di allu­minio, sten­dere i pavi­men­ti ricop­er­ti di linoleum pog­giante su fogli di sug­hero isolante… e fare tut­to in breve tem­po. Ancor più van­no riconosciute le capac­ità tec­niche, l’esperienza del­la man­od­opera qual­i­fi­ca­ta, la disponi­bil­ità di attrez­za­ture d’avanguardia per l’epoca. Alla fine i poten­ti motori dei car­ri armati amer­i­cani trovarono allog­gio sui car­rel­li, in per­fet­ta posizione bari­cen­tri­ca, con il cam­bio e gli ingranag­gi di trasmis­sione, per trasmet­tere la loro poten­za sul­la sala inter­na di cias­cun car­rel­lo. Quel­li dell’Ansaldo non era­no car­rel­li sem­pli­ci come quel­li spar­tani delle Lit­torine. Ognuno era dota­to di sospen­sione tripla, con cus­cinet­ti di roto­la­men­to oscil­lan­ti, e questo, assieme al pas­so lun­go, dava garanzia di sta­bil­ità di mar­cia. Il motore Gen­er­al Motors a 6 cilin­dri in lin­ea ave­va una cilin­dra­ta di 7000 cm3 e svilup­pa­va 165 CV. La veloc­ità dichiara­ta era di 120 km/h, ma in col­lau­do sul trat­to Bres­cia- delle FS, quin­di con bina­ri e arma­men­to sicuro, furono rag­giun­ti i 154 km/h. In quegli anni, in Italia, risul­ta che nes­suna auto­motrice diesel fos­se capace di arrivare a ques­ta veloc­ità. Una Lit­to­ri­na Fiat, in un viag­gio pro­pa­gan­dis­ti­co tra Vien­na e Budapest, sec­on­do un fil­ma­to dell’Istituto Luce del tem­po, pare abbia sfio­ra­to i 140 km/h.

L’interno delle rin­no­vate auto­motri­ci si pre­sen­ta­va armo­nioso, con il cielo (sof­fit­to) molto più alto delle altre Lit­torine. I sedili era­no a doppia fila con cor­ri­doio cen­trale, e i posti era­no como­di. Alcu­ni ave­vano gli schien­ali in leg­no, ma con sedute e pog­giat­es­ta in vinilpelle imbot­ti­ta. Altri era­no com­ple­ta­mente in vinilpelle. Le fine­s­tra­ture ampie garan­ti­vano mol­ta luce.

La lin­ea ele­gante, stu­di­a­ta dall’Ansaldo, venne man­tenu­ta. Era una lin­ea mod­er­na, val­i­da esteti­ca­mente, con ricer­ca di aero­d­i­nam­ic­ità sec­on­do i prin­cipi del tem­po e buona pen­e­tra­bil­ità, garan­ti­ta dai frontali ton­deg­gianti e leg­ger­mente incli­nati.

Le Ansal­do di orig­ine era­no col­orate come tut­ti i mezzi FS, con la fas­cia infe­ri­ore del­la cas­sa in “Cas­tano” e il resto in “Isabel­la”. Prati­ca­mente due tonal­ità di mar­rone che han­no con­trad­dis­tin­to per molti anni i mezzi fer­roviari ital­iani. I nuovi col­ori stu­diati per le auto­motri­ci ricostru­ite per la Fer­rovia-Man­to­va-Peschiera furono il bian­co per la fas­cia dei finestri­ni e dell’imperiale (tet­to) e l’azzurro per le fasce basse. Diven­ter­an­no i col­ori sociali per tut­ti i rota­bili, per le stazioni e per i casel­li. Una col­orazione azzec­ca­ta e fres­ca, miglio­ra­ta poi con un filet­to bian­co all’altezza del filo pavi­men­to che gira­va tutt’intorno alla cas­sa.

Le prime due auto­motri­ci ricostru­ite, imma­tri­co­late con le sigle ALn. 64.401 e ALn. 64.402 (dove 64 indi­ca il numero dei posti a sedere aumen­tati rispet­to alle orig­i­nar­ie ALg 56) furono col­lau­date il 10 set­tem­bre 1949, dopo solo un anno dal loro ingres­so in offic­i­na come rot­ta­mi. Grande fu la sod­dis­fazione dei tec­ni­ci art­efi­ci del­la prodi­giosa ricostruzione, i quali mer­i­tarono il plau­so degli ingeg­neri dell’Ansaldo e i com­pli­men­ti dei fun­zionari dell’Ispettorato Com­par­ti­men­tale del­la Motor­iz­zazione Civile di Bres­cia. La ALn 64.401, su richi­es­ta delle Officine Mar­coni, fu espos­ta dal 18 al 25 set­tem­bre nei gia­r­di­ni di Palaz­zo Te a Man­to­va, per la terza fiera cam­pi­onar­ia del­la cit­tà.

Il 23 otto­bre 1949 le due auto­motri­ci com­pirono il viag­gio inau­gu­rale ed entrarono uffi­cial­mente in servizio.

Con­tin­ua

Nelle storiche immag­i­ni le due auto­motri­ci ALn. 64. 401 e 402, appe­na uscite dal­la ricostruzione, posano per la foto uffi­ciale sul­la banchi­na del­la Darse­na di Peschiera. Sul­la fian­ca­ta solo la scrit­ta Fer­rovia Man­to­va Peschiera e il numero di serie. Sul frontale man­ca anco­ra il logo. Nell’altra immag­ine la ALn. 64.401, pog­gia­ta su provvi­sori car­rel­li stradali e com­ple­ta di scritte e loghi frontali, viene por­ta­ta per l’esposizione alla fiera di Man­to­va. Il camion di tipo USA che la traina è un recu­pero di guer­ra (entrambe foto stu­dio Cal­zo­lari di Man­to­va).

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