martedì, Marzo 19, 2024

La leggenda del Carpio

Il Garda è sempre stato caro agli Dei, e gli Dei venivano spesso a godere delle bellezze del lago, soprattutto se queste erano Ninfe, che vivevano sulle sponde del Lago e presso le sorgenti (Note le Tavine)

Nella mitologia sono benefattrici e rendono fertile la natura, sono mortali, ma di vita molto lunga ed amano gli Dei (ed anche gli uomini).

In quei tempi, nelle feste si chiedeva al Dio del fuoco qualche tizzone per ammaliare, appunto, ninfe e sirene “belle come quelle di oggi” c'è da esserne certi. Una nota leggenda sin qui pervenuta, racconta che il Dio Saturno, abbia, con consenso di Giove, raggiunto il Garda, ma in incognito per vivere la vita dei mortali.

Incontrò una sera nella Silva Lucana, oggi Lugana, un gruppo festante di persone attorno ad un falò e, si sia soffermato con quella compagnia.

Approfittando della conoscenza fatta e della buona serata allegra, con balli di Ninfe e libagioni Bacchiche, Saturno volle aggiungere altro alla sua visita, e chiese al capo di quel gruppo festante di essere accompagnato, con una imbarcazione, sull'isola Sirmio poco discosta dalla Silva Lucana; Carpio, il capo di quel gruppo festante, ne acconsentì e pattuito un congruo compenso prese appuntamento per il giorno seguente dopo aver pattuito un congruo compenso.

A metà percorso, però, Carpio ed i suoi esosi compari si manifestarono per quello che erano: ingordi ed arroganti sino a chiedere al viandante Saturno altro denaro con minacce di abbandonarlo nel lago: Saturno, arrabbiatissimo, cercò di inutilmente di patteggiare.

All'arroganza che stava per divenire aggressione, Saturno afferrate alcune monete d'oro dalla sua sacca le lanciò, con forza, contro Carpio ed i suoi che non riuscirono ad agguantarle e se le videro sfuggire e precipitare nell'acqua già scura del tramonto.

L'esosità li ha spinti a tuffarsi per raccogliere quella fortuna, ma il dio Saturno riprendendo i suoi regali poteri li ha condannati a rimanere nel profondo del lago a rincorrere l'oro perché li trasformò in pesci guizzanti: da Carpio al !

Il carpione è un pesce prelibato, che vive in acque profonde e salubri, forse in perenne ricerca del luccichio del sole che si rifrange sull'acqua, magari tendendo a ritornare in Carpio.

Riscontro storico

Il noto ed appassionato scrittore (ed altro!) Tullio Ferro, nelle sue preziose e documentate ricerche rinveniva un documento importante a conferma delle leggende e della storia detta dal Solitro, dal Gratarolo, nonché da studiosi recenti, ma mai emersa e quindi nuovissima alle nostre attenzioni.

Val la pena di raccontarla come lui l'ha detta. Il documento è una lettera scritta da Francesco Petrarca dal suo soggiorno in Avignone nel 1336 ove era alla corte papale presso il Cardinale Giovanni Colonna; aveva perciò 32 anni. Era la risposta ad un umanista di Villafranca che aveva raccomandato al Poeta un giovane conoscente del suo paese perché lo avesse ad accogliere ed introdurre in quell'ambiente papale.

Nella lettera, il Petrarca, assicura il suo intervento e l'assistenza per facilitare gli studi ed il soggiorno, affermava, però, nel medesimo scritto che l'ambiente avignonese “faceva schifo” così chiaramente espresso, e sarebbe stata meglio Verona, città bella e colta ove vicino era un lago azzurro e bello: il , nelle cui acque guizzavano pesci dai riflessi dorati (i carpioni appunto), che si pascevano di pagliuzze d'oro. Meraviglioso riscontro questo oltre quello delle leggende,che di questo gli storici avevano pure scritto e riportato, ma che evidentemente al Petrarca erano già note, nonostante la sua ancor giovane età.

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