venerdì, Marzo 29, 2024
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Argini sfiancati in nove punti: per il Magistrato alle acque e i Consorzi è allarme rosso

«L’Adige ci ha graziato» Bassa a rischio alluvioni

Questa volta la Bassa l’ha scampata bella. La devastazione provocata dalle alluvioni nei giorni scorsi in vicine regioni del Nord Italia avrebbe potuto avvenire anche qui. Smaltita la piena, questa settimana ne sono stati infatti verificati gli effetti anche nel Veronese e i risultati dei controlli sono ben poco rassicuranti. In ben nove punti, sparsi fra Scardevara di Ronco, Albaredo, Roverchiara, Nichesola e Begosso di Terrazzo, gli argini dell’Adige hanno subito degli sfiancamenti accentuati e in alcuni casi sono stati toccati addirittura gli argini maestri. In sostanza, quindi, l’acqua ha superato la barriera costituita dagli argini golenali creando seri danni nelle arginature che costituiscono il baluardo principale, e ultimo, alle esondazioni. Una situazione da allarme rosso per mettere rimedio alla quale il Magistrato alle acque di Verona sta ora chiedendo finanziamenti governativi dell’entità di due miliardi e mezzo. Soldi che dovranno essere spesi per realizzare opere di consolidamento necessarie ad evitare la malaugurata ipotesi che al prossimo ingrossamento le acque dell’Adige escano dagli argini. La preoccupazione che anche qui possano accadere tracimazioni non riguarda però solo l’Adige. In tutti gli enti che istituzionalmente si occupano dell’idraulica della Bassa regna la preoccupazione. «Questa volta è andata bene», dice il direttore del Consorzio di bonifica Zerpano Adige-Guà Giuseppe Piubello, «ma se i problemi idraulici non vengono finalmente posti in primo piano…». «La grande viabilità di collegamento fra Verona e Vicenza», spiega il direttore tecnico dello stesso Zerpano Umberto Anti, «ha portato importanti insediamenti non pianificati per quanto riguarda l’impatto sul sistema idraulico generando pericoli anche a sud, specialmente nel Colognese dove questa situazione di rischio è acuita anche da un’edificazione realizzata senza aver fatto valutazioni preventive sul problema acqua. Oltre a creare ostacoli ad eventuali progetti riguardanti canali di sfogo, la cementificazione su larga scala del territorio causa infatti anche l’impermeabilizzazione del terreno. Un problema grossissimo, quest’ultimo, visto che proprio a causa del cemento la portata d’acqua del territorio aumenta dalle 4 alle 8 volte rispetto a quella naturale e che, quindi, dove non c’è la terra che ha una importante funzione di drenaggio, l’acqua che deve defluire a causa delle piogge rischia di essere troppa». «I Consorzi di bonifica», afferma il presidente dell’Euganeo, e del consorzio di secondo grado Leb, Lessineo-Euganeo-Berico, Raffaele Castagna, «da anni segnalano che la cementificazione costituisce un problema. Di prevenzione nessuno ha però mai voluto parlare. Nonostante le nostre prese di posizione ben pochi sono infatti i Comuni che hanno chiesto il parere dei tecnici della bonifica per i loro strumenti urbanistici. Dove questo è avvenuto non ci sono certo state catastrofi ed allora c’è da chiedersi chi invece debba pagare per i danni che succedono da altre parti». «Purtroppo», aggiunge il direttore del Consorzio di bonifica Valli Grandi Giovanni Morin, «questa è una storia vecchia che sembra non avere fine. I problemi sono dovuti infatti all’assenza di una cultura idraulica e alla disgregazione delle competenze voluta da un sistema politico che invece di programmare gli interventi cerca solo il consenso degli elettori. «L’Adige è cambiato negli ultimi 20 anni», aggiunge Morin, «e proprio questo fatto rende tutta la zona a rischio. Eppure, non c’è nessuno che ne parli e men che meno che attui delle soluzioni. Non c’è capacità di governo a tutti i livelli e per questo non si vogliono verificare i piani regolatori o stabilire delle priorità. Intanto però, e nonostante nel Legnaghese ci sia una buona gestione dei canali, chi può dire che qui non torneranno ad esserci i campi allagati come accadeva solo qualche decennio fa?». D’altro canto se Castagna preannuncia che tornerà a premere su Regione e Provincia perchè «venga imposto ai comuni di sentire i Consorzi di bonifica per tutte le varianti ai Piani regolatori», e allo Zerpano spieghino come «il parere sia previsto da una legge del 1991 che però solo ultimamente viene rispettata da circa il 30 per cento dei Comuni», Gianni Sambugaro, capotecnico del Magistrato alle acque di Verona, afferma che «bisogna ristudiare tutta la situazione idrica nazionale». «Quelle che hanno causato i disastri dei giorni scorsi», spiega, «vengono dipinte come piogge eccezionali anche se in realtà non lo sono. I corsi d’acqua hanno bisogno di una nuova regimazione e che ne venga mantenuto costantemente pulito l’alveo ma questo non è consentito. Non c’è da stupirsi, quindi, che succedano eventi capaci di mettere in ginocchio interee aree geografiche e che queste situazioni siano possibili anche nel Veronese visto che per esempio per quanto riguarda l’Adige qui dall’86 non può più essere usata la galleria del Garda che consentiva di abbassare il livello del fiume di un metro e mezzo. Già tre anni fa il Magistrato alle acque aveva presentato un articolato elenco di interventi necessari senza ottenere nessun finanziamento, ora c’è da sperare che si trovino i fondi almeno per rimediare ai danni provocati da questa piena». Luca Fiorin

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