giovedì, Marzo 28, 2024
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Il fascino intramontabile delle colline dei Gonzaga

Le vicende della fastosa corte sul basso Garda

Le colline del basso Garda assommano al valore paesaggistico quello della storia. E non solo nel ricordo della gloriosa battaglia risorgimentale di San Martino e Solferino del 1859, per cui sono sostanzialmente note come Colli storici. Tullio Ferro, autore appassionato delle vicende del Benaco e dintorni, nel recente volume «Le colline dei Gonzaga» (Editoriale Sometti, 166 pagine, 13 euro) offre un’immagine del territorio ricca di fascino, derivato, appunto, dalla presenza di una corte fastosa. All’origine i Gonzaga ebbero nome Corradi. A partire dalla fine del XII secolo iniziarono a salire in potenza economica, grazie alle investiture concesse dal monastero di S. Benedetto di Polirone e, in epoca più tarda, con gli acquisti effettuati nel territorio di Marmirolo. Fu in quei tempi lontani che cominciarono ad essere conosciuti non più come Corradi, ma come Gonzaga, dal nome del paese d’origine. Già nel 1220 il loro potere doveva essere notevole se l’imperatore Federico II cercò in tutti i modi di contrastarne l’espansione. Ma nella lotta tra le opposte fazioni per ottenere la signoria di Mantova ebbero la meglio. Riuscirono, inoltre, a consolidare il loro ruolo con la nuova investitura del feudo di Gonzaga ottenuta dai monaci di S. Benedetto. Ma non è la lunga e complessa storia dei Gonzaga che racconta il libro di Tullio Ferro. La vicenda storica fa solo da sfondo alle pagine centrate sul territorio segnato, in qualche modo, dalla grande famiglia. Il comprensorio già prima dell’avvento dei Gonzaga – ed anche dopo il tramonto della loro fortuna -, incrociò il proprio destino con gli eventi della storia. E Ferro, con timbro narrativo, racconta le piccole e le grandi vicende di molte località, da Lonato a Peschiera, sintetizzando felicemente quelle più note e soffermandosi su quelle quasi sconosciute. Un buon esempio è il capitolo dedicato a Castel Goffredo, borgo di cui i Gonzaga entrarono in possesso nel 1511, subito munito di difese rinforzate tra il 1520 e il 1532 quando divenne una piccola fortezza. Alla corte di Castel Goffredo giunsero artisti, letterati e poeti. Vi soggiornò anche il novelliere domenicano Matteo Bandello (1485-1561) che conobbe la giovane e bella Lucrezia, orfana di Pirro e di Camilla Gonzaga. Il dotto frate ne divenne l’amorevole precettore, e s’invaghì di lei. Scrisse di averla «santissimamente amata», facendo intendere di non aver «commesso peccato». Per la bella Lucrezia compose, fra il 1536 e il 1538, i «Canti XI». Alcune malelingue, tentarono di metterlo in disgrazia con i superiori dell’ordine domenicano a cui apparteneva. Lo difese Isabella d’Este che insistette sulla sua purità di costumi encomiandone le virtù et optima qualità et la religiosa modesta vita. Storie lontane e dimenticate. Tullio Ferro ha il merito di rievocarle in un recupero di memoria che rende ulteriormente affascinanti le terre dei Gonzaga.

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