venerdì, Aprile 19, 2024
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Ricostruita la vita di Geremia Paladini che tra il 1842 e il 1865 visse nella chiesetta di Gargnano. Era di Cassone e fu spesso richiesto come testimone di nozze

L’eremita di San Valentino

E’ di origine veronese l’ultimo eremita che ha vissuto tra il 1842 e il 1865 nell’eremo di San Valentino di Gargnano. Geremia Paladini da «Casson Veronese», l’attuale Cassone frazione di Malcesine, chissà perché cambiò sponda e raggiunse questo incantevole luogo che si affaccia sul Garda a 772 metri d’altitudine e che si può raggiungere solo a piedi. «Il primo documento scritto che cita l’eremo di San Valentino risale al 1673, ed è una «relazione» dell’allora parroco di Sasso in occasione di una visita pastorale del vescovo di Brescia», spiega Bruno Festa autore della guida ambiente storia itinerari sul Monte Gargnano l’eremo di San Valentino edita da Garfo. « In un altro documento ecclesiastico del 1684 si parla di un’eremita, delegato dal parroco alla custodia della chiesetta di San Valentino. Successivamente l’eremo di San Valentino ha ospitato un altro eremita: Giovanni Marchetti che assicurava il parroco di allora «veste l’abito, serve la parrocchia li giorni festivi, di buoni costumi et frequenta li sacramenti.» Tornando all’eremita veronese l’unico ritratto dell’epoca è un profilo ritagliato in carta nera e incorniciato nella chiesetta di San Valentino e nella sagrestia della parrocchia di Sasso. «In queste immagini Geremia Paladini, che è una figura emblematica e popolare, lo si vede con la bisaccia in spalla, la stessa nella quale riponeva le offerte che andava a raccogliere tra la gente delle frazioni come questuante», continua Festa, «la scritta in calce alla raffigurazione, che sembra egli stesso abbia provveduto a commissionare segnala la sua provenienza appunto da Casson Veronese nel 1942 ma dai registri dell’ archivio parrocchiale di Sasso sembrerebbe che l’arrivo dell’eremita risalga al 1849. C’è anche però un dato temporale di matrice letteraria: Geremia Paladini potrebbe essere l’eremita Jeronimus citato nella novella «Zwei Schwestern» (Due sorelle) scritta nel 1945 dallo scrittore tedesco Adalbert Stifter e ambientata nell’Alto Garda.» Quando giunse dalle parti di Gargnano Geremia Paladini aveva circa quarant’anni «Probabilmente dapprima fu guardato con curiosità, se non con sospetto, dagli abitanti del Monte Gargnano» ipotizza Festa, «ma nel giro di pochi anni è stato accettato dalla comunità locale tanto da essere spesso richiesto come testimone di nozze. Sui registri di matrimonio della parrocchia infatti compare, tra le altre, la croce che il «testimonio illitterato», l’analfabeta ma stimato Geremia Paladini, apponeva come sua firma.» La gente di Sasso e Musaga, l’altra frazione che fa capo alla parrocchia, voleva un gran bene all’eremita di Casson Veronese tanto che quando morì, a causa di mal di cuore (così è indicato nel registro parrocchiale), tutta la popolazione partecipò al funerale. «Non solo», precisa Festa, «sul registro dei morti è riportato che i sassesi furono dolentissimi della sua scomparsa e gli celebrarono solenni esequie ed uffici » Dalla scomparsa di Geremia Paladini nessuno più abitò l’eremo di San Valentino e già verso la fine dell’ 800 per la celebrazione della messa in quel luogo veniva chiesto un obolo triplo rispetto a quello dovuto per la chiesa parrocchiale di Sasso. «Pur continuando a rimanere meta di pellegrini il 14 febbraio, giorno dedicato a San Valentino, la chiesetta fu abbandonata all’incuria e anche a causa dei fenomeni atmosferici si ridusse in condizioni assai precarie. Verso la fine degli anni Sessanta vennero effettuati alcuni lavori di sistemazione», racconta Festa, «e finalmente nel 1971 si tornò a festeggiare il 14 febbraio. Un altro importante intervento di recupero si è concluso nove anni fa per iniziativa del locale gruppo alpini. E’ stato rifatto il tetto, il solaio e la grondaia della chiesetta e del piccolo eremo, due stanze, una con camino, che vengono utilizzate come rifugio dagli escursionisti. Il restauro ha riguardato pure i pavimenti, tutti in cotto recuperato in vecchie abitazioni di Gargnano e dintorni, gli infissi, l’intonaco, muretti, scalette e l’ultima parte del sentiero che discende in una scoscesa valletta, un tempo insidioso ma ora percorribile, con qualche attenzione, anche dai bambini.»

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