sabato, Aprile 20, 2024
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Agostino Barbieri, ex deportato, compie 90 anni con un desiderio: fare una mostra sul Garda. Le sue opere esposte a Mauthausen, Milano, Postdam e Parigi

L’urlo dell’artista del lager

E’ uno degli ultimi sopravvissuti al lager nazista di Mauthausen. Di quel gruppo di uomini, torturati nel fisico e nello spirito, è rimasto in vita solo lui. Agostino Barbieri, artista e scrittore, di origine veronese (è nato ad Isola della Scala nel 1915) ma di adozione sirmionese, ha compiuto 90 anni nei giorni scorsi, immerso tra i suoi dipinti (oltre trecento), sculture (una dozzina), libri pubblicati, appunti, schizzi. Alcune sue opere, quelle che testimoniano le atrocità sulle vittime immolate nel lager di Mauthausen, fanno parte della collezione permanente della Civica raccolta d’arte del Castello Sforzesco di Milano. Sono numerosissime le rassegne con suoi dipinti, quasi un centinaio, o le «vernici» che hanno fatto tappa in tutte le principali città d’Italia e d’Europa. Agostino Barbieri finì deportato nel lager perché, dopo l’8 settembre del ’43, ufficiale in servizio nella fanteria e reduce dalla Russia, gli fu chiesto di abbellire la caserma veronese del Campon (poi trasformata in carcere), in attesa di essere trasferito in Sicilia, dove nel frattempo erano sbarcati gli Alleati. Ma Barbieri decise di passare alla Resistenza, incaricato di coordinare i rapporti nel basso Veronese. Il 22 novembre del ’44 venne però scoperto e portato nella caserma delle Brigate Nere, poi in quella delle SS, dove venne torturato più volte, per essere infine deportato a Mauthausen. Liberato dagli Alleati, l’artista (prima di partire in guerra si era diplomato al liceo artistico di Bologna e aveva frequentato i corsi di scultura all’Accademia Cignaroli di Verona), debilitato e prostrato nello spirito, arrivò a casa solo dopo alcuni mesi. Abbandonata la scultura per ragioni fisiche, causate dalla terribile permanenza nel lager, Barbieri cominciò a dedicarsi alla pittura. Nel 1949 si sposa con la signora Miranda, insegnante, dalla quale avrà due figli: un maschio (apprezzato architetto) ed una femmina (bibliotecaria in un paese dell’alto Mantovano). La coppia, dopo aver abitato per tanto tempo a Desenzano, si trasferì una decina d’anni fa a Sirmione. Il percorso artistico è stato ricco di produzione e di riconoscimenti. Alcune opere, oltre al Castello Sforzesco, si trovano nelle raccolte della Galleria d’Arte Moderna di Arezzo, al Museo di Mauthausen, alla Collezione Gruber di Postdam e in quella Allavena di Parigi. Ma Barbieri è anche un fecondo scrittore. Ha pubblicato «Un cielo carico di cenere», «I disegni della deportazione», «I sentieri della memoria» e «L’urlo di Munch», libri ispirati alla libertà ed alla pace. Agostino Barbieri avebbe voluto festeggiare i 90 anni con una mostra, per ricordare ai giovani la pace e la libertà. Ma non ha trovato nessuno che se ne sia interessato o gli abbia scritto per offrirgli ospitalità in una rassegna, dove festeggiare con un artista ancora vivente la disperata testimonianza degli orrori della deportazione nazista. Questo disinteresse preoccupa Barbieri. La sua arte esposta in una galleria pubblica può risultare scomoda e poco opportuna in una riviera del Garda frequentata dai tedeschi? E’ quello che lui sospetta. Ma Barbieri ricorda di essersi dichiarato disponibile a donare la propria collezione ad un Comune, che possa farla circolare.

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