Parla Valentino Peretti, psicologo ed esperto che ha studiato i fattori di rischio di questa attività. Vietati alcol, poco sonno, diffidenza nei compagni e scarse informazioni meteo
«Mai immergersi per mettersi alla prova»
«La subacquea è considerata uno sport pericoloso perché balza alla cronaca ogni volta che succede un incidente. Ma se si seguono semplici regole di buon senso è alla portata di tutti». Lo afferma Valentino Peretti, di Cisano, psicologo di professione e subacqueo per passione, 48 anni; ha il brevetto dal 2003 e all’attivo poco meno di 400 immersioni.Andrea Lui, sub che perse la vita a inizio febbraio nelle acque di Torri, era un suo amico; si erano immersi più volte insieme. «La sua morte mi ha colpito, per questo vorrei lanciare un messaggio di prudenza». Da psicologo osserva le spinte interiori che nel mondo dei sub possono essere pericolose: «La gente vede i sub come persone che fanno sport estremo, bisogna distinguere tra due realtà diverse: le immersioni ricreative e quelle tecniche. Il mondo dei ricreativi è fatto da sub che praticano per svago, non serve essere superuomini, categoria questa per fortuna esigua. Per immergersi serve un brevetto, ci sono diversi livelli. Finito il corso, di solito ci si appoggia o alla scuola o a gruppi di sub. È a questo livello che possono sorgere rischi, perché esce il fattore umano».Peretti spiega quali sono i tratti psicologici che possono indurre a rischiare: «Tra i ricreativi, come psicologo, ho individuato una categoria a rischio in questo sport. Sono i soggetti che fanno i sub non per divertimento o voglia di esplorare, ma per dimostrarsi qualcosa. Questi si dividono in due tipi: il soggetto ad alta autostima e quello a bassa. Le persone all’estremo di queste caratteristiche sono poche, ma ci sono. Chi ha alta autostima ha un senso di onnipotenza e lo si vede da come descrive le proprie azioni; chi ha bassa autostima ha difficoltà a manifestare i propri disagi, paura di essere giudicato».Lo psicologo prosegue: «L’onnipotente ha difficoltà a relazionarsi con i limiti, con conseguenze immaginabili. Queste persone sono esposte alle sfide con gli altri e con se stessi. Inoltre, uno dei rischi maggiori nelle immersioni è il panico. Ad esempio se io parto già preoccupato, il mio fisico reagisce con allarme, il minimo inconveniente attiva ansia, quindi un respiro veloce, scoordinamento e diversi altri sintomi. A questo punto una difficoltà oggettiva, o soggettiva che è la più frequente, apre la porta al panico, che attiva meccanismi remoti di fuga e quindi rischi di risalita veloce, azioni illogiche». «La condizione psicologica sotto acqua», continua Peretti, «è influenzata anche dall’effetto dell’azoto delle bombole: l’ebbrezza da profondità. È un fattore che va tenuto presente, perché crea euforia e stato di alterazione percettiva».Aggiunge lo psicologo: «Non va mai assunto alcol prima e dopo l’immersione e si deve andare in profondità solo dopo che si è sperimentata più volte l’immersione. Chi non ha preparazione specifica non deve scendere oltre i 25–30 metri. A 65 l’ossigeno barico delle bombole è 21 per cento; a quella profondità diventa tossico e pericoloso». Peretti ha un brevetto decompression per i 54 metri di profondità e si immerge nel lago due tre volte la settimana. Lancia un messaggio: «La subacquea non è uno sport per superuomini e non bisogna mai dimenticare le regole base». In base a un questionario tra i sub, fatto nel 2005 per conto del Comune. Peretti aveva anche redatto 10 punti che mettono a rischio le immersioni, eccoli: non aver dormito abbastanza; iniziare l’immersione con poca tranquillità, non conosce bene la propria attrezzatura; non fidarsi del compagno di immersionei; chi non ha preso accordi chiari prima dell’immersione; chi non si informa se il luogo è nuovo o sul meteo; chi fa un’ immersione incompatibile con la sua esperienza.