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Riva del Garda | Museo 10 aprile - 28 agosto 2016

Natura Luce Visioni di Attilio Forgioli sul paesaggio dell’Alto Garda

 

Con la mostra Natura Luce di Attilio Forgioli, il MAG prosegue il percorso di ricerca artistica sul paesaggio gardesano attraverso la sua interpretazione da parte di autori contemporanei, iniziata nel 2014 con gli sguardi di e seguita nel 2015 dalle visioni di Mario Raciti.

Terzo capitolo di un percorso che ha visto protagonista la natura del Garda, la mostra di Attilio Forgioli regala un nuovo sguardo sugli elementi paesaggistici di questi luoghi, dando rilievo alle indagini esperienziali dell'artista che, esplorando e conoscendo in primis e in prima persona il territorio, ha dato vita alle creazioni documentate.

Nel corso del 2015, dopo alcuni sopralluoghi in loco, Attilio Forgioli si è apprestato a interpretare diversi aspetti del paesaggio dell'Alto Garda realizzando un ciclo di pastelli su carta – una settantina le opere esposte – con sensibile adesione a un'identità diversa, ma non lontana da quella esplorata nei suoi costanti soggiorni gardesani, in special modo a Salò, dove è nato e dove si è formato il suo sguardo sulla natura.

«Nella visione di Attilio Forgioli la trasfigurazione del paesaggio è una tensione persistente che si sviluppa accanto ad altri tramiti iconografici, nature morte, oggetti quotidiani, architetture, ritratti reali e immaginari, forme e luoghi del vissuto come momenti di un divenire che segue i mutevoli equilibri del colore.

Dai primi anni Sessanta a oggi, l'evocazione della natura è un impulso interiore che l'artista sente necessario alle ragioni del fare pittura, all'impegno estetico e morale di dialogare con le radici originarie del paesaggio, restituendo alla sua immagine deturpata e contaminata l'incanto della luce e dei suoi lievi palpiti. […]

Nella concezione di Forgioli il paesaggio è una presenza interminabile che cerca equilibri tra il controllo mentale e l'emozione pura, sapendo che questo cammino senza certezze non potrà mai essere misurabile e definibile compiutamente, ma solo fissato nell'ondeggiare mutevole della luce. […]

Immerso per alcuni mesi nel pensiero dei luoghi dell'Alto Garda, osservati e interiorizzati attraverso un lento esercizio di trascrizione pittorica, l'artista ha trasformato i referenti naturalistici in immagini dotate di nuova visibilità. Ne è scaturito un racconto fluente e arioso, condotto con la qualità del sapere pittorico a cui Forgioli ci ha abituato, il filo narrativo dei titoli indica il piacere di camminare tra i luoghi come fonti di svelamento di altre soglie, atmosfere che s'incarnano nella vita del colore, tra le pieghe e le vene sottese del paesaggio. Di fronte alle forme del visibile naturale, l'artista ama fantasticare, vestire la natura con i propri colori, entrare e uscire dai margini di verità che i luoghi offrono, suscitando umori sensoriali che sorprendono le attese del lettore, sempre più attirato dalle mutazioni del suo volto, dalle trasformazioni della luce in atto.»

Claudio Cerritelli, 2016

«Stavamo andando a Riva.

Dal cielo non cadevano uccelli nel lago, ma dal battello vidi nell'acqua un gabbiano che galleggiava. Era un pallido uccello, quasi un foglio di carta. Avevamo a sinistra la parete della montagna con le case addossate alla riva.

C'era l'acqua e la parete e da secoli gli uomini abitavano questo piccolo paese di Campione. Forse fino ai primi anni del secolo scorso raggiungibile solo dal lago.

Questo gruppo di case con la montagna nera che la sovrasta è un luogo che amo dove però non potrei abitare. È troppa la tensione di questa bellezza per viverci.

Questa montagna, queste acque le conosco da quando ero bambino. Su questo lago sono nato e ci ritorno anche per ritrovarmi.

Da Salò a Riva ci andai in bicicletta che avevo quindici anni e salii alla cascata del Varone. Nell'agosto dello stesso anno feci il primo campo a Ballino e conobbi quel vento.

Dopo , per anni, salivamo da Limone fino al passo Nota, ai Fortini e sul confine, in una caserma austriaca, aspettavamo la neve e la fine dell'anno.

Fu dopo i vent'anni, tornando da dove facevo l'Accademia di Brera, che capii mentre uscivo da una galleria della Gardesana, e dopo averlo già letto, che Kafka aveva visto quei luoghi. Li conosceva, quella tensione era nei suoi racconti e a Riva aveva vissuto due volte ai primi del novecento, nel sanatorio in riva al lago. Poi scrisse un breve racconto dove il cacciatore Gracco arrivò in barca una sera nel porto di Riva.»

Attilio Forgioli, dicembre 2015

Questo nuovo progetto espositivo dedicato all'iconografia del paesaggio gardesano va ad arricchire di un prezioso tassello il patrimonio culturale del MAG, che sarà implementato dall'acquisizione di un gruppo di opere dell'artista e dalla pubblicazione di un catalogo introdotto da un saggio critico del curatore Claudio Cerritelli, docente di Storia dell'Arte Contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Brera, il quale curò anche i precedenti progetti dedicati agli sguardi sul paesaggio dell'Alto Garda di Tullio Pericoli (, 2014) e Mario Raciti (Natura Oltre, 2015).

 

Attilio Forgioli è nato a Salò (Brescia) nel 1933. Nel 1953 si trasferisce a Milano per frequentare l'Accademia di Brera con Achille Funi e Mauro Reggiani. Nel dormitorio di Via Burigozzo conosce i pittori Claudio Olivieri e Franco Pardi. Frequenta i pittori Bepi Romagnoni, Mino Ceretti e Pietro Plescan. Nel 1956 espone i primi dipinti e disegni alla galleria Alberti di Brescia.

Nel 1957 riceve uno dei premi “Diomira”.

Nel 1958, dopo il diploma a Brera, insegna nella scuola media e lavora nella pubblicità. Si reca in Sicilia e a Menfi si sofferma a lavorare con Danilo Dolci. Insieme a Franco Pardi, Gustavo Bonora, Lello Castellaneta, Attilio Rossi e Attilio Del Comune forma il gruppo “Società Nuova”, con lo scopo di portare nelle fabbriche e cooperative la di Brecht e Majakovskij. Durante le recite si espongono disegni che illustrano le poesie.

Nel 1962 soggiorna a Parigi, dove realizza i pastelli La Senna, ispirati ai tragici fatti del 17 ottobre 1961, quando una pacifica manifestazione della popolazione di origine algerina fu soffocata nel sangue dalla polizia. Nello stesso anno insegna alla scuola Faruffini di Sesto San Giovanni con Vittorio Basaglia. Fa amicizia con il fotografo Tranquillo Casiraghi, mentre la cooperativa di operai “La Toretta” gli fornisce uno studio a Sesto San Giovanni. Vicino, si trovano i pittori Enrico Castellani e Lino Marzulli.

Nello stesso anno, dopo un soggiorno a Berlino ritorna con immagini dure, drammatiche e inizia la serie dei quadri Figura nel paesaggio, Cane sull'autostrada e Animale nel paesaggio. Colori puri dove domina il giallo.

Nel 1963 riceve il premio “Città di Milano” insieme a Lucio Fontana. Nello stesso anno lavora alla serie Le Allegorie, in cui riecheggiano le drammatiche immagini della Guerra del Vietnam: elicotteri-uccello nel vortice del cielo appoggiano le zampe sulla terra.

È proprio con questi lavori, esposti nel 1965 alla galleria Bergamini di Milano, che riceve un'affermazione tale da permettergli di inserirsi nel mercato e di farsi apprezzare dalla critica nazionale. Inizia con Bergamini una collaborazione che gli consente di lasciare l'insegnamento e di dedicarsi solo alla pittura.

 

 

 

 

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