venerdì, Marzo 29, 2024
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I responsabili escludono che l’inquinamento di Punta Grò sia dipeso dal cattivo funzionamento dell’impianto. Per i tecnici il fenomeno è legato ai canneti che stanno marcendo

«Nessuna perdita dal collettore»

Restano le preoccupazioni, anche se il fenomeno è stato circoscritto, della chiazza maleodorante che ha inquinato le acque del Garda nel basso lago. Avvistata nel pomeriggio di martedì nelle vicinanze di Punta Grò, al confine con il territorio della provincia di Brescia, la sostanza inquinante sospinta dal vento si è estesa parallelamente alla riva del lago per un lungo tratto in direzione di Sirmione. Sul posto, scattato l’allarme ancora l’altra sera, oltre ai vigili urbani di Sirmione e ai Carabinieri anche i tecnici dell’Asl del distretto di Salò, dell’Arpav veneta e del Consorzio Garda Uno in quanto i primi sospetti del grave inquinamento si sono riversati sul collettore che intercetta gli scarichi fognari delle cittadine rivierasche sia bresciane che veronesi trasferendoli al depuratore di Peschiera. Gli accertamenti effettuati anche nella mattinata di ieri da parte dei tecnici sia dell’Azienda speciale Consorzio Garda Uno che dall’Azienda gardesana servizi di Peschiera escludono che si tratti di inquinamento provocato dal mancato funzionamento dell’impianto di sollevamento liquami di località Maraschina l’unico esistente in zona. «Abbiamo controllato tutta la zona interessata dall’inquinamento» dice al telefono Mario Giacomelli, «ma non è stata riscontrata alcuna traccia di perdite. Per controprova è stato posto in pressione il tratto del collettore che in passato aveva registrato qualche problema, ma non si è verificato alcun calo di pressione». Un sistema di collettamento fognario, quello realizzato a tutela ecologica dell’intero lago di Garda, che si basa su due sottosistemi con collettori che percorrono le due sponde, per convergere alla fine all’impianto consortile di depurazione in località Paradiso a Peschiera. In tutto 134 chilometri di collettore, di cui 19 sublacuali, serviti da 53 impianti di sollevamento disposti lungo il percorso con lo scopo di far guadagnare quota ai liquami e consentire loro lunghi tratti di scorrimento naturale in pendenza: visto di profilo, un andamento a denti di sega. Accertato che il grave episodio di inquinamento non è da imputare al collettore, è opinione dei tecnici che si tratti di putrefazione algale. La macchia infatti è già in fase di dissolvimento e per colore e odore sembra essere collegabile a fatti del genere manifestatisi anche in passato legati al fenomeno algale. In questi ultimi giorni il livello delle acque del lago è calato sensibilmente a seguito dell’emungimento per l’irrigazione e questo potrebbe aver creato marciscenze in prossimità dei canneti. Bisognerà comunque attendere le analisi da parte dell’Asl di Salò e dell’Arpav di Verona per avere certezze sulla natura dell’inquinamento. Ai Carabinieri e ai Vigili del fuoco che stanno indagando sul fenomeno sono state messe a disposizione le planimetrie dei tracciati del collettore. (.)

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