giovedì, Aprile 25, 2024
HomeAttualitàNuova teleferica per servire il rifugio
L’impianto per arrivare al «Barana» al Telegrafo era atteso da anni ed entrerà in funzione la prossima stagione estiva. Tre tralicci per garantire i trasporti fino a duemila metri in piena sicurezza Le stazioni di partenza e di arrivo saranno ricoperte

Nuova teleferica per servire il rifugio

La si attendeva da anni e ora finalmente, terminata la parte più consistente dei lavori, la nuova teleferica per il trasporto dei materiali a servizio del rifugio Barana sul Monte Baldo è diventata realtà ed entrerà in funzione all’avvio della prossima stagione estiva. La precedente teleferica partiva da Novezzina, dove si trovava una vecchia baracca in lamiera per il ricovero del carrello. Più in alto, qualche centinaia di metri in direzione della cima, era situato un pilone in ferro su cui era appoggiato il cavo che poi attraversava tutta la valle fino alla cresta dove era situata la stazione di arrivo piuttosto lontana dal rifugio. Da questa, pertanto, il materiale doveva essere scaricato dal carrello, caricato su altro mezzo o trasportato a mano all’interno del rifugio. «La teleferica», spiega il presidente della sezione scaligera del Club alpino italiano, Gianfranco Lucchese «era ormai inutilizzabile, non dava nessuna garanzia né di trasporto, né tanto meno di sicurezza. Il suo funzionamento era ridotto al minimo indispensabile e richiedeva personale di sorveglianza durante le operazioni di carico, traporto e scarico. Ma il guaio più grosso consisteva nel fatto che era praticamente fuori legge, essendo priva di quei requisiti minimi di sicurezza richiesti dalle normative vigenti. Per non parlare poi del cavo di trasporto, che correva a ridosso del terreno con pericolo per escursionisti e animali al pascolo». Tutto ciò, evidentemente, costituiva una situazione assolutamente inaccettabile ma, spiega sempre Lucchese, «i costi di realizzazione di un nuovo e più tecnologico impianto sarebbero stati insostenibili per le finanze del Cai Verona, e lo sono stati per molto tempo, se non fosse intervenuta la Regione Veneto che, con la copertura del 70 per cento delle spese, ci ha permesso di poter offrire ai nostri ospiti un rifugio efficiente in tutto e per tutto, rifornimenti compresi». Assieme alla decisione di rifare la teleferica, il Cai Verona ha deliberato pure che questa non si fermasse più, come la precedente, sulla cresta, ma che arrivasse sin nei pressi del rifugio; parallelamente è stato deliberato di affidare la progettazione e la direzione dei lavori allo Studio Munarin di Verona, ed alla ditta Seik, specializzata nella realizzazione di teleferiche, il compito di realizzare concretamente l’opera. Il nuovo impianto si compone essenzialmente di tre elementi di spicco: la nuova stazione di partenza, un manufatto di calcestruzzo seminterrato che a fine lavori sarà completamente chiuso con una struttura in legno di larice, che si trova a valle nei pressi di Novezzina; i tre tralicci di sostegno (il primo a poche centinaia di metri dalla partenza, il secondo prima della cresta e il terzo al di là del crinale prima dell’arrivo al rifugio); la stazione di arrivo, con le stesse caratteristiche di quella di partenza e che entro primavera sarà chiusa da una struttura in legno di larice che nasconderà e proteggerà i vari meccanismi e il carrello di trasporto. «Le dimensioni dei tre piloni di sostegno del cavo di trasporto», spiegano igli esperti dello Studio Munarin «tengono conto di tutti i calcoli necessari a sostenere i carichi di trasporto; la fune ed il carico devono stare ad altezze minime stabilite dal terreno che aumentano nei pressi di sentieri o passaggi di persone o cose. Ma, ben più importanti e determinanti nella scelta delle ragguardevoli dimensioni delle strutture di supporto, sono i carichi dovuti alla spinta del vento (non di rado si vedono in montagna resti di vecchi tralicci abbattuti dalla forza dei venti) cui si deve aggiungere il fatto che l’opera raggiunge una quota superiore ai duemila metri quota e quindi deve resistere anche al ghiaccio ed alla neve». Per avere un nuovo impianto di trasporto materiali che, a differenza del precedente, raggiungesse il rifugio, non c’erano dunque molte alternative, tanto più che le normative, giustamente severe, dovevano essere rispettate. «Nessuno può permettersi», aggiungono i progettisti «che un impianto del genere non venga collaudato, che subisca danni a causa degli agenti atmosferici o peggio ancora, che possa recare danni a persone o cose». I lavori di rifinitura termineranno in primavera quando la neve lo permetterà. In quel momento saranno rivestiti i basamenti di calcestruzzo che spuntano dal terreno con sassi a vista e sarà realizzata la struttura in legno per la protezione della stazione di arrivo nei pressi del rifugio Barana, sarà messa in tensione la fune di trasporto e collaudato l’impianto. L’opera ha ottenuto i necessari permessi da parte dei vari enti e servizi competenti oltre che dai rispettivi Comuni interessati, vale a dire Ferrara di Monte Baldo per il versante orientale e Brenzone per quello occidentale. Va da sé che il progetto della nuova teleferica rispetta tutti i requisiti richiesti dalle normative attuali vigenti italiane ed europee. «Resta un solo problema», precisa Lucchese non senza una punta di dispiacere «rappresentato dall’impatto sull’ambiente. Oggettivamente la nuova teleferica è più visibile della precedente, né potrebbe essere diversamente trattandosi di un’opera più completa e, soprattutto, più robusta e sicura. Sono in previsione tuttavia ulteriori lavori per limitare questa sua visibilità e per armonizzarla maggiormente con l’ambiente e verranno portati a compimento entro la data di apertura del rifugio. D’altronde si tratta di un manufatto che non servirà per trasporare da valle a monte la spesa quotidiana del gestore e della sua famiglia né per trasformare il nostro rifugio in una trattoria d’alta quota. Si tratta piuttosto di un impianto che servirà a garantire la piena efficienza del rifugio e che sarà a disposizione anche di altri enti che operano per la montagna, come ad esempio Veneto Agricoltura, i Servizi forestali o quant’altro». «Le altre possibilità», spiegano ancora i tecnici dello Studio Munarin «non sarebbero state né funzionali né al passo cosi tempi. Certamente si poteva fermare la teleferica poco prima della cresta, come la precedente, e così risparmiare l’ultimo pilone sul versante ovest: conseguentemente sarebbe stato poi necessario trasportare a mano il carico fino al rifugio e con buona probabilità sarebbero fioccate critiche, prima fra tutte quella che, una volta arrivati fino lì si poteva completare il tragitto. Oppure si poteva anche decidere di abolire totalmente la teleferica. Soluzione molto ecologica, ma solo apparentemente. Come di solito succede, infatti, sarebbero stati necessari viaggi settimanali dell’elicottero a costi altissimi e con gran dispendio di carburante». Era stata valutata anche la possibilità di rifornire il rifugio a dorso di mulo e zaino in spalla, un’opzione che, sebbene molto romantica, comunque si sarebbe rivelata anacronistica e insufficiente alle necessità e soprattutto alla qualità del rifugio. «Non si può infatti non tenere conto», conclude il presidente del Club alpino di Verona «che oggi un rifugio deve rispondere a caratteristiche ben precise e rispettare norme che poco o nulla differiscono da quelle che regolano quanto ad igiene, attrezzature e abitabilità, ristoranti ed alberghi in pianura. Risulta così veramente un’ardua impresa gestire un rifugio che non sia collegato a valle da una strada, da una teleferica o da qualsivoglia mezzo che permetta di fornire il locale di tutte le necessità per soddisfare dignitosamente la clientela. Cosa cui teniamo moltissimo, per rispetto verso noi stessi, verso la nostra tradizione e verso il nostro amato Monte Baldo».

Articoli Correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Dello stesso argomento

- Advertisment -

Ultime notizie

Ultimi Video