mercoledì, Aprile 24, 2024
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«Avvicinarsi ai disabili con cuore e cervello»

Per essere volontari

Ha partecipato al corso di formazione per il volontariato che si è svolto in autunno ed in seguito ha deciso di diventare uno dei volontari di Prisma, l’associazione che si occupa di handicap. Si chiama Stefania e tale è il suo entusiasmo per l’esperienza da poco iniziata, che ha scritto una lettera che pubblichiamo in sinteti. «Ciò che più mi ha colpito fin dall’inizio è stato l’entusiasmo degli organizzatori, la competenza dei relatori e la normalità delle persone disabili, che se si trovano in un ambiente che le accetta e valorizza, non hanno nulla da invidiare a nessuno. Durante il percorso formativo ho sentito storie di vita che mi hanno toccato il cuore. Mi sono guardata dentro e confrontata con i miei compagni di corso. Ho messo in discussione certi miei comportamenti e liberata da alcuni miei pregiudizi. Due sono le cose più importanti che ho imparato. La prima è che il modo migliore per accostarsi a un disabile non è la commiserazione, ma il normale rispetto e la collaborazione. Capisco che sia facile farsi prendere dal pietismo quando si vede qualcuno in condizione di svantaggio, ma un “poverino” anche se detto con tutte le buone intenzioni risulta spesso sgradevole se non offensivo. Cerchiamo di far passare le nostre parole non solo dal cuore ma anche dal cervello e di godere della felicità degli altri, non consolarci pensando che c’è chi sta peggio di noi. La seconda cosa da tenere ben presente è l’individualità. Ogni persona infatti vive il proprio disagio in maniera diversa, ha i suoi ritmi e la sua personalità. Le variabili di un bisogno possono essere molteplici, pertanto non è corretto generalizzare. Consiglierei a tutti di frequentare gli incontri di Prisma, anche perché possono aiutare a capire ed affrontare meglio la vita di tutti i giorni. Considerare la diversità come una sfaccettatura della vita ha un enorme vantaggio, quello di far diminuire il senso di inadeguatezza e fallimento che tutti noi proviamo, chi più chi meno, rispetto a quella normalità ideale con cui continuamente ci confrontiamo, pur sapendo che non può esistere nella realtà».

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