venerdì, Marzo 29, 2024
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Un piano per salvare la trota di lago. La Provincia autonoma di Trento in collaborazione con Verona e Brescia punta decisa al ripopolamento. Il pesce non può più risalire il fiume per deporre le uova, piccoli allevati in laboratorio

Più acqua e meno ostacoli nel Sarca.

Se la trota lacustre del lago di Garda rischia l’estinzione è «colpa» dei trentini e dell’Enel. Da quando, 50 anni fa, hanno costruito la centrale idroelettrica sul Sarca, hanno creato briglie artificiali e l’Enel ha tolto l’acqua al fiume, ai poveri pesci è stata preclusa la possibilità di risalire la corrente per andare a depositare le uova. Così sarà la Provincia di Trento in collaborazione con quelle di Verona e Brescia a salvare la pregiata trota lacustre dal pericolo dell’estinzione. Il piano è stato presentato nei giorni scorsi ad Arco, il comune di 14 mila abitanti del Garda trentino nel cui territorio scorre la parte finale del fiume Sarca. La situazione per la specie ittica non è proprio drammatica ma è senza dubbio preoccupante. Quel tanto che basta per far decidere il Servizio faunistico della Provincia autonoma a scendere direttamente in campo per salvare la varietà di pesce benacense. La trota lacustre (da non confondersi con la marmorata, tipica dei fiumi, né con la iridea o la fario) non può più risalire il fiume Sarca per depositare le uova nei meandri sabbiosi del corso d’acqua soprattutto a causa di due ostacoli. Anzitutto la drastica riduzione della portata d’acqua del Sarca a causa dello sfruttamento idroelettrico e in secondo luogo le insormontabili briglie, gli sbarramenti di cemento posti orizzontalmente lungo l’alveo, che le trote non riescono a superare con i loro salti. Ce ne sono uno a Torbole, all’altezza della centrale idroelettrica a un chilometro dalla foce, altri in località Linfano (comune di Arco) a un paio di chilometri dal lago di Garda e un altro a Ceniga, sette chilometri a monte. Nella splendida sala dell’archivio del Comune di Arco, l’assessore comunale all’ambiente Fabrizio Miori ha ospitato Romano Masè responsabile del Servizio faunistico provinciale trentino, l’ittiologo Lorenzo Betti, il presidente dell’Associazione pescatori, Stefano Trenti, e Paola Testa, anch’essa del Servizio faunistico per presentare il progetto già in fase di elaborazione avanzata. Il piano mira a ridurre le briglie e a renderle scavalcabili dal pesce. In seconda battuta, proprio mentre l’Amministrazione provinciale sta ridiscutendo il Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, si chiederà di aumentare la portata del fiume Sarca dagli attuali due metri cubi il secondo ai cinque-nove che sono necessari. Per rendere concreto il piano di salvataggio ci si basa sullo studio progetto eseguito dall’ittiologo Betti con l’ausilio dell’ingegner Giuliano Trentini. Verona verrà coinvolta tramite l’ittiologo Ivano Confortini per la fase di monitoraggio e di semina, cioè per la produzione di avannotti in incubatrici in laboratorio da rilasciare poi nelle acque lacustri. Si partirà, dunque, con un monitoraggio accurato della fauna ittica nel Garda e sul Sarca e nell’attesa di avviare le opere, giusto per non perdere ulteriore tempo, ci si avvarrà dalla collaborazione dei laboratori della Provincia di Verona e di Brescia per allevare i «piccoli» di trota lacustre. In questo contesto di recupero della specie s’inserisce anche il discorso del parco fluviale del Sarca, che Miori e l’Amministrazione comunale di Arco stanno portando avanti cercando sinergie con i comuni vicini, Dro, Riva e Nago Torbole. Si procederà per gradi con la risistemazione delle briglie e poi la rinaturalizzazione del corso d’acqua. Un processo in evoluzione che recupererà alla cittadinanza la dimensione vivibile del fiume con i suoi scenari ambientali, le sue possibilità sportive, dalla canoa alla bici, e la sua valenza turistica.

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