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Il baritono dimenticato. Gottardo Aldegheri è stato uno dei più grandi cantanti di lirica del secolo scorso e fino a poco tempo fa il cognome e la data di nascita erano oggetto di accese discussioni tra studiosi e ricercatori.

Prima di morire lasciò 500 lire al suo asilo

Le rappresentazioni del 78simo Festival areniano di Verona offrono lo spunto per soffermarci su uno dei più celebrati baritoni del secolo scorso e cercare di chiarire, a quasi cent’anni dalla morte, la sua reale identità anagrafica. Il personaggio è Gottardo Aldegheri, (si Aldegheri e non Aldighieri come viene ricordato nei testi e nelle enciclopedie), personaggio di avventurosa giovinezza, cantante intelligente che si trovò più volte a tenere a battesimo opere nuovissime, marito della grande soprano Maria Spezia, spentosi il 12 maggio del 1906 nell’appartamento di città in via San Nicolò 10 e ceneri racchiuse, assieme a quella della moglie, al monumentale di Verona. Non solo il cognome, ma anche la data di nascita ha sempre rappresentato un rebus per studiosi e ricercatori. Un’accurata indagine e visualizzazione del libro degli atti di nascita custodito dalla parrocchia di S. Martino di Lazise emerge dimostrano in modo inoppugnabile che Gottardo Aldegheri è nato il 6 gennaio 1831 e registrato come figlio legittimo di Maria Brighenti e Giuseppe Aldegheri, genitori entrambi di religione cattolica, possidenti e sposatisi il 18 settembre del 1828 a Cisano. La conferma che si tratta di Aldegheri e non Aldighieri, come si potrebbe malamente interpretare dalla scrittura in corsivo del manuense, arriva sempre dal libro delle nascite con a registro la nascita della secondogenita Redegonda Aldegheri (settembre 1832) e del terzogenito Giulio Giuseppe (ottobre 1834). Se questo non bastasse a chiarire il vero cognome di un lacisiense che trascorse la sua adolescenza «tra asilo e lago» e che cantò in tutti i teatri del mondo «con una grande voce in una grande anima di artista, dotato, per di più, di una grande intelligenza e cultura», c’è una delibera del Consiglio comunale del 1956. Nel modificare la denominazione di alcune vie del capoluogo veniva infatti deliberato di attribuire al «sommo dell’arte lirica» l’ultimo tratto dell’allora via Chiesa, oggi compresa fra piazza don Agostini e corso Ospedale: «Via Gottardo Aldegheri». Chiarito tutto questo resta da comprendere come mai una volta lasciata la natia Lazise ed emigrato in Piemonte per arruolarsi nell’esercito sabaudo, il cognome sia poi mutato in Aldighieri e come tale sia passato alla storia. Già a diciassette anni il futuro grande artista dopo aver partecipato, con un altro lacisiense Carlo Rossetti, al seguito dei legionari lombardi alla conquista della polveriera Belvedere di Colà e a Castelnuovo, (11 aprile 1848) emigrato in Piemonte partecipa alla tragica battaglia di Novara. Ritorna agli studi nel 1850, si iscrive alla facoltà di legge di Padova ma date le difficoltà finanziarie della famiglia, deve poi abbandonare e torna a Verona a lavorare. Convinto di essere nato per il teatro si dedica allo studio ragionato e serio del canto. Il suo debutto avviene a Novara nel 1855 in «Traviata»; nel 1858 conosce Maria Spezia e il matrimonio si celebra a Verona il 6 agosto 1860. Nel febbraio dell’anno successivo Gottardo è con sua moglie alla Scala nel «Nabucco» in una edizione definita memorabile ed è l’avvio di una splendida carriera che lo vide trionfatore in tutti i teatri italiani ed esteri. Nel 1882 torna nuovamente alla Scala nell’opera «Bianca da Cervia» dello Smareglia ma anche a Verona in occasione del «Faust» diretto per beneficienza al Filarmonico dal maestro Emanuele Fiorinotto. Prima di spegnersi dopo una lunga e dolorosa malattia, il suo pensiero torna al paese natale dove appunto aveva trascorso l’infanzia e uno sprazzo di giovinezza e lascia 500 lire all’asilo di Lazise. «Il musicale ambasciatore che aveva onorato il nome di Verona nel mondo, con la sua voce e la sua arte», sottolinea nel 1965 il critico Carlo Bologna nel chiudere un lungo articolo su Aldegheri ,« dopo un lungo viaggio nel mondo, era tornato al suo paese d’origine che non aveva mai dimenticato».

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