martedì, Aprile 23, 2024
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Il Gruppo archeologico ha scoperto il prezioso reperto nei muri della Pieve di S. Pancrazio. L’epigrafe è dedicata a una libèrta patrizia del 200 dopo Cristo

Riappare la pietra romana

Paolo Chiarini, presidente del Gam, Gruppo archeologico monteclarense, ha svelato un piccolo grande mistero storico. La pietra che si trova in fondo all’angolo sinistro della facciata dell’antica Pieve di San Pancrazio è proprio un’epigrafe romana del secondo secolo dopo Cristo. Quella che sembrava soltanto un’ipotesi suggestiva è diventata dunque una certezza. La scoperta apre nuove prospettive di ricerca storica. I documenti d’archivio attestano che nel 1531 la pietra si trovava all’interno della stessa Pieve, vicino all’altare, ancora intatta, con la scritta «Postumia Cai Filia Brigia», in ricordo di Postumia Brigia figlia di Gaio Postumio. Ma in realtà la pietra non era mai stata trovata tanto da alimentare dubbi sulla sua reale esistenza. Invece, la tenacia e la professionalità del Gam di Montichiari l’ha riportata alla luce. «Pensiamo di aver sciolto ogni dubbio – spiega Paolo Chiarini-: siamo quasi certi che si tratti dell’epigrafe di età romana menzionata da Pandolfo Nassino in un documento del 1531 e che aveva personalmente visto incastonata nei gradini dell’altare di San Biasio posto sul lato sud dell’altare maggiore nell’interno della Pieve di San Pancrazio». Il reperto era venuto alla luce in occasione dei recenti lavori di risistemazione del sagrato della Pieve ma era stata in un primo tempo semplicemente segnalata senza tradurne il testo. Sembrava insomma una testimonianza di risibile valore storico. «Resta ancora un pizzico di mistero relativo alla collocazione – osserva il presidente del Gam -: in un’epoca imprecista l’epigrafe è stata sistemata come pietra d’angolo della facciata della chiesa». Gli esperti insomma devono cercare di capire perchè sia stata inserita nella struttura della pieve. Il reperto è stato ripulito dal Gam che attraverso una ricerca ha stabilito che la pietra è stata ricollocata durante la ricostruzione della pieve, probabilmente lesionata da un terremoto. Si ci trova di fronte insomma a un tamponamento d’angolo della chiesa successivo al 1531, composto dalla grossa pietra angolare di origine romana sovrastante ed un gruppo di mattoni di sostegno. Nella documentazione lasciata da Pandolfo Nassino viene minuziosamente descritta l’iscrizione dell’epigrafe con le sue dimensioni. I dati vengono confermati dalla relazione del sovrintendente Mario Mirabella Roberti che negli anni Settanta scrive: «Un’altra iscrizione era sugli scalini dell’altare maggiore, ma deve essere stata asportata». La lastra riportata la seguente iscrizione: Postvmia C(ai) F(ilia) Brigia. L’epigrafe insomma ricordava dunque una Postumia Brigia, figlia di Gaio Postumio. Un nome, quello della Gens Postumia, molto noto in Val Padana. Il console Spurio Postumio Albino aveva costruito nel 148 avanti cristo la via Postumia, da Genova ad Aquileia. Questa Postumia Brigia può essere una liberta della sua famiglia: Brigia infatti è un nome locale. «Con questo ritrovamento salgono a quattro le testimonianze romane oggi effettivamente presenti nella Pieve – conclude Chiarini -, un monumento funerario a far da base alle colonne all’interno dell’edificio sacro mentre nelle murature esterne sono incastonate tre epigrafi che i costrutturi della chiesa riutilizzarono come conci prestando talvolta attenzione a lasciare in evidenza scritte e figure». Rimane invece introvabile la stele funeraria che si trovava inclusa nella parete nord all’interno della chiesa e che faceva riferimento alla famiglia dei Valeri a cui apparteneva Catullo. L’epigrafe dedicata a Postumia Brigia verrà quanto prima recuperata e portata nella sede del Gam in via XXV Aprile a Montichiari, recentemente rimessa a nuovo a spese del Comune. La comunità potrà apprezzare così un reperto che fino a poco tempo fa sembrava perduto.

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