martedì, Aprile 23, 2024
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Il Comune ha approvato la variante al progetto necessaria a fermare il degrado di colonne e travature. I lavori di consolidamento costeranno oltre 557 mila euro

Riapre il cantiere della Dogana

Il Comune ha finalmente approvato la perizia supplettiva e di variante ai lavori alla Dogana Veneta. Così il cantiere ha potuto riaprire. A frenare gli interventi inerenti la Grande fabbrica, edificio da sempre importante per gli abitanti e l’abitato di Lazise, era stata la scoperta della necessità di eseguire durante i lavori già progettati anche alcune opere strutturali, legate a cause impreviste e imprevedibili in fase di progetto. In particolare, in fase di esecuzione degli scavi di sbancamento, le arcate sui fronti nord e sud del fabbricato sono risultate prive di fondazione ed appoggiavano su terreno molle, mentre le arcate a fronte lago risultavano soggette a evidenti fenomeni di cedimento. Lo sconfortante stato di degrado della copertura del fabbricato emergeva invece nel corso degli interventi relativi alla esecuzione della cordolatura sommitale delle strutture perimetrali. Un dissesto ben più grave di quello inizialmente previsto e caratterizzato da elementi di assoluta novità, come l’avanzato stato di putrefazione delle testate delle capriate incassate nel suolo murario dovuto essenzialmente alle infiltrazioni d’acqua della gronda e all’elevato valore di umidità, tipico degli ambienti lacustri. Di qui la necessità di un surplus di interventi che comportano una maggiore spesa per 557.454,03 euro e fanno balzare a 1.600.000 euro il fabbisogno finanziario per questo primo stralcio esecutivo del progetto generale. La maggiore spesa risulta finanziata in parte con il contributo regionale già concesso, pari a 200mila euro, in parte con i fondi accantonati dall’amministrazione comunale, anche se originalmente destinati al secondo piano di intervento, per un importo pari a 105.000 euro. Il rimanente di euro 252.454,03, risultando pendente la pratica per l’integrazione del finanziamento da parte della Fondazione Cariverona – che ha già partecipato alla ristrutturazione della Dogana con un miliardo di vecchie lire -, verrà temporaneamente e salvo reintegro finanziata con proventi della vendita dell’area alberghiera di Pacengo. Non v’è alcun dubbio che la Dogana lacisiense, tipico esempio di arsenale veneziano calato in una realtà di terraferma ma con forti richiami all’elemento acqua, da sempre rappresenta un forte legame con Venezia, ancora vivo con l’amministrazione regionale attuale. Legame diventato più stretto nel 1595 quando la vicinia del tempo chiese a Venezia, visto che la darsena era stata convertita in tezone per la fabbricazione del nitro, di avere l’edificio in affitto per usufruirlo come dogana. Petizione che il Serenissimo Senato accoglie nel 1607 dietro corresponsione di un canone annuo di 50 ducati. Concessione più volte rinnovata fino a quando nel 1647 il Comune, sborsando la somma di tremila ducati, entra in possesso dell’edificio. Con la dogana Lazise diventa così scalo naturale di molte merci che Verona riceveva da Venezia e dalla Germania e che venivano spedite ai mercati della Lombardia. Movimento mercantile diventato floridissimo nel Settecento quando la difficile navigazione ascendente dell’Adige dirottò le merci sulla via del lago, cioè sulla via Verona-Lazise-Riva-Trento. Tutto cambia però con l’avvento della rete ferroviaria che muta l’antico ordine delle comunicazioni e paralizza il commercio sul lago. La Dogana si riduce a semplice deposito di volta in volta di carbone, legna e pietre, per essere adibita, dopo la prima guerra mondiale, a filatura del cotone e poi donata alla Federazione provinciale fascista, trasformata in Casa del Fascio e quindi incorporata nei beni dello Stato. Soltanto nel 1955 il Comune riesce a rientrare in possesso dell’edificio dietro pagamento, rateizzato, di lire 2.350.000; pratica che si concluderà nel 1961 con l’allora sindaco Bozzini.

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