sabato, Aprile 20, 2024
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Un libro ripercorre la vita dell’associazione per la promozione della lingua italiana. Scritto da Mario Ebranati, racconta una storia centenaria

Riflettori sulla «Dante Alighieri»

«Pagine di vita della società Dante Alighieri a Salò» è il titolo dell’ultimo lavoro di Mario Ebranati. Fondata da Giuseppe Venezian e da altri esuli triestini nel 1889, l’associazione punta a tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana fuori dallo Stato. All’inizio indirizza il proprio sguardo verso le terre italiane soggette all’Austria, promuovendo una moderata campagna irredentista. Poi estende la sua attività alla tutela dell’emigrazione, creando scuole all’estero. A Salò la «Dante Alighieri» sorge nel 1902, giusto cento anni fa. Come presidente in pectore viene indicato Giuseppe Solitro, originario di Spalato (1855), insegnante di Lettere nell’Istituto tecnico comunale (ha fatto risorgere il vecchio collegio di S.Giustina, e guidato l’Ateneo e la «Carità laicale», trasferendosi poi a Padova). All’inaugurazione ufficiale intervengono i rappresentanti dei comuni del lago: Maderno, Gargnano, Riva, Arco, Lazise, Bardolino, Garda. Al posto del dimissionario Solitro, l’assemblea dei soci nomina Marco Leonesio. Nel novembre del 1903 nasce il Comitato di Desenzano, presieduto da un ex garibaldino, il deputato Ulisse Papa, distintosi nella lotta contro la pellagra (ma ha dato anche un contributo alla stesura delle leggi su pesca e porti). Nell’aprile 1905 l’Associazione salodiana cambia ancora… cavallo, sostituendo Leonesio con Gerolamo Tomacelli. Tra i soci, Donato Fossati, Pietro Rini, Giuseppe Castelli (sindaco dal 1888 al ’91), Alfredo Guastalla (diventerà primo cittadino nel 1910, e fino al ’14), Pietro Castagna (gli succederà, dal ’20 al ’23), Stefano Bersatti, Francesco Zane, Pietro Zanoli, ecc. L’attività prosegue fino al 1909, con incontri, conferenze, raccolte di fondi. «Si cerca soprattutto di creare un ponte di italianità con le terre ancora soggette al dominio austriaco – spiega Alfredo Bonomi nella presentazione -. Il fervore di quei dibattiti oggi può sembrare un retaggio storico, ma tale non è la necessità di colloquiare con le radici della cultura, per riconoscersi in una identità di fondo». Nel suo libro, Ebranati riporta alla luce un abbondante materiale archivistico. Come del resto aveva fatto nelle precedenti numerose pubblicazioni (ben ventidue): dalla storia del teatro locale a quella della banda, dal tram ai medici, dalle donne illustri ai parlamentari, dai preti all’ospedale militare, da «Campoverde nei tempi» a «Pierino Ebranati», da «Fede arte curiosità» a «Per conoscere meglio», da «Uomini e realtà» a «Ieri e oggi», ecc. Cresciuto nell’ambiente cattolico, ex impiegato comunale, ora in pensione, Ebranati è direttore-conservatore del Museo storico del Nastro Azzurro e bibliotecario dell’Ateneo.

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