venerdì, Marzo 29, 2024
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A Maguzzano, nelle colline attorno a Lonato, importanti risultati dagli scavi condotti da una équipe dell’università di Padova

Riportato alla luce il cuore dell’Abbazia

Il primo nucleo della rinascimentale Abbazia di Maguzzano risale come minimo al nono secolo, dunque ai tempi di Carlo Magno, e non al decimo secolo come attestavano i più antichi documenti a disposizione sino a pochi giorni fa.Le «prove» di questa più remota origine, solo ora riportate alla luce, si celavano sotto il chiostro ovest del vasto complesso: qui gli archeologi hanno rinvenuto i resti di una chiesa carolingia, e un’area funeraria con tombe ancora intatte, databili queste ultime tra decimo e dodicesimo secolo. Tombe intatte: sepolture, arredi, vetri, decorazioni scultoree che erano rimaste per mille anni ignote ad anima viva.Sono gli importanti risultati dell’ultima campagna di scavi, in corso in questi giorni, nella vasta Abbazia situata tra le colline moreniche del Garda, in territorio di Lonato, che così come la si vede oggi venne riedificata dal 1490 dopo precedenti, ripetute devastazioni.L’operazione di scavo ha avuto inizio nel febbraio del 2005 in occasione dei lavori di posa di nuovi sottoservizi. A seguito dei risultati si è iniziato a progettare un’indagine programmata, una serie di campagne di scavo sotto la direzione scientifica di Gian Pietro Brogiolo (Università di Padova), con l’obiettivo di ricostruire la storia di questa abbazia e le vicende insediative che portarono alla sua nascita.La terza campagna, quella di questi giorni, ha permesso di restituire un’articolata sequenza: in primo luogo un’azienda agricola altomedievale (delle quale sono emersi muri legati con argilla e materiale archeologico databile addirittura al settimo secolo), e in particolare una prima chiesa con abside semicircolare, databile ad epoca carolingia, al nono secolo, con frammenti scultorei appartenenti all’arredo liturgico.Dunque un edificio ben più antico della prima attestazione scritta di una «Abbatiola Magonziani», che fu destinataria di un decreto emanato dal vescovo di Verona Raterio, attorno all’anno 966.Le sorprese però non si limitano a questo. In relazione con questo importante edificio di culto, sconosciuto prima d’ora, si sviluppa poi un’area funeraria di cui è stato rinvenuto un complesso di tombe monumentali per personaggi di alto rango. Una di queste sepolture portava un’iscrizione realizzata sull’intonaco relativa a un «Ubertus laicus», plausibilmente identificabile con Uberto, figlio di Aduino conte di Parma, personaggio che compare in due documenti del 1090, in uno dei quali dona un appezzamento alla chiesa di S. Maria de Maguziano, mentre nell’altro sottoscrive un atto nella Rocca di Manerba.Gli scavi permettono anche di capire lo sviluppo successivo di queste strutture, l’ampliamento della chiesa verso est e la costruzione di nuovi edifici legati al monastero (tra cui un edificio affrescato con una tomba monumentale all’interno) che in fine verranno demolite per la costruzione dell’abbazia attuale, edificata dal 1490. Oltre ai frammenti di scultura appartenenti all’arredo liturgico altomedievale, sono state rinvenuti numerosi frammenti di intonaci dipinti e le vetrate che facevano parte della decorazione interna della chiesa, tessere appartenenti alla sua pavimentazione musiva e variegato materiale archeologico tra cui recipienti in vetro, ceramica e pietra ollare appartenenti alla cultura materiale di questa antica abbazia. Più antica, dunque, di quanto dicessero le prove scritte.

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