giovedì, Aprile 25, 2024
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Lo storico edificio abbandonato da anni verrà messo all’asta domani a Roma

Salò, per l’ex Casa del fascio la vita riprende con un’asta

Domani mattina, in un palazzo romano di viale di Villa Massimo 47 si svolgerà l’asta della ex «Casa del fascio» di Salò: una proprietà del Demanio vincolata dal punto di vista storico e artistico. Abbandonato da anni, l’edificio si compone di due negozi al piano terra e di 10 appartamenti in quelli superiori. La superficie totale è di 1.250 metri quadri, con una terrazza di 50 sul tetto. Il valore base? Un milione e 700 mila euro. Ieri scadeva il termine per l’invio delle domande alla Società cartolarizzazione immobili pubblici (Scip srl): bisognava versare una cauzione o dare una garanzia pari al 10 per cento, dichiarando di avere preso conoscenza di tutti i documenti disponibili (amministrativi, tecnici, catastali, ecc.) e, in caso di aggiudicazione, di accettare integralmente la situazione edilizia e urbanistica in essere. La stipula del contratto di compravendita e il pagamento integrale del prezzo di ogni stabile, poi, devono avvenire entro 40 giorni. L’ex Casa del fascio si trova sul lungolago di Salò, tra il bar gelateria Italia e il calzaturificio Guatta. Ma c’è un ingresso anche dalla centralissima via San Carlo. Alcuni sostengono che il fabbricato abbia origini settecentesche. Nel periodo 43-45, ai tempi della Rsi, ospitò la guardia di Benito Mussolini agli ordini del console della milizia, Fortunato Albonetti. Dopo la guerra diventò «Casa del popolo», ma i locali furono utilizzati da parecchie associazioni, che pagavano affitti modesti: il Club alpino italiano, le sezioni del Pci e del Psi, l’Udi, l’Ufficio provinciale del lavoro, il gruppo mutilati e invalidi, il Sunia (sindacato degli inquilini), l’Arma aeronautica. C’era pure qualche famiglia, e al piano terra il bar dell’Arci. Nell’83 l’Ufficio tecnico erariale effettuò un sopralluogo, rilevando come le profonde fessure nel muro (causate dal terremoto del 1901, che provocò gravi danni in molte località del medio-alto Garda) indicassero «una probabile tendenza dell’edificio ad aprirsi, per lo scivolamento tipico della zona, l’indebolimento delle fondazioni, costruite su terreno acquitrinoso, e la precarietà delle strutture portanti orizzontali, che non esercitano più funzioni di irrigidimento. Da tutto ciò emerge uno stato di pericolo non più sottovalutabile». Dopo una prima ordinanza, rimasta lettera morta, l’allora sindaco Riccardo Marchioro ne emise una seconda (1987), invitando a sgomberare. Pci e Arci fecero opposizione al Tar, sostenendo che mancava una precisa perizia tecnica («l’Intendenza di finanza ha fretta di cacciare gli inquilini per disporre comodamente dell’immobile»), poi affidata all’ingegner Silvestro Faini, che registrò «nuove e rilevanti lesioni, col peggioramento della situazione di equilibrio complessivo». Gli scavi delle fognature, la posa del collettore del consorzio per il disinquinamento delle acque del lago, i lavori di ristrutturazione mai eseguiti e, soprattutto, la scarsa consistenza delle fondamenta accentuarono il fenomeno, mettendo il dito sulla piaga. E alla fine le varie associazioni dovettero trasferirsi altrove. Nell’88 il Genio civile ha eseguito le opere di consolidamento. Successivamente lo Stato ha offerto l’immobile al Comune per un miliardo di vecchie lire, col vincolo della destinazione pubblica per almeno vent’anni. Risposta negativa. Il Municipio non riteneva di potersi impegnare per una cifra simile, vista la situazione di cassa e il fatto di possedere altri immobili da sistemare. Così, nell’autunno ’92, il ministero del Tesoro incluse la Casa del fascio nell’elenco dei beni da mettere sul mercato. «Qualche anno fa – ricorda Nicola Scotti, assessore al Bilancio – abbiamo trattato con la guardia di finanza per vedere se erano disposti a darci l’edificio. Noi, in cambio, avremmo ceduto l’ex macello di via Rive. Ma non se ne è fatto nulla. Lo Stato, infatti, voleva monetizzare». In questi giorni, molti imprenditori hanno visitato l’edificio, che deve essere sottoposto a un drastico intervento di ristrutturazione.

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