sabato, Aprile 20, 2024
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Per colpa di una spiata dei lacisiensi Castelnuovo brucia e la polveriera austriaca salta in aria.

Salta in aria la polveriera e Castelnuovo brucia per giorni e giorni

Per colpa di una spiata dei lacisiensi Castelnuovo brucia e la polveriera austriaca salta in aria. È l’11 aprile del 1848, anno cruciale per la storia risorgimentale. Nel Lombardo-Veneto, sotto il dominio austriaco, la pressione fiscale è pesantissima e non si accenna a riforme politiche. Tutta Europa insorge e Milano è forse la piazza più agguerrita contro l’oppressore. In queste azioni intervengono i volontari lombardi, i quali sbarcano via lago a Bardolino e Lazise per partecipare alle operazioni militari contro la piazzaforte di Peschiera. Il 6 aprile 1848 le truppe volontarie al comando di Luciano Manara partono da Salò in direzione di Cisano. Giungono in zona con 450 volontari il 10 aprile. Si spingono a Lazise e si stabiliscono nella canonica, oggi dimora privata della famiglia Battistoni. Alle 4 pomeridiane giungono a Pacengo, al comando del generale Noaro. Il campanile diventa osservatorio su Peschiera. Come guide e interpreti si erano uniti gli studenti di Lazise Carlo Rossetti a Gottardo Aldegheri. Durante queste operazioni il Noaro viene informato da spie di Lazise dell’esistenza della polveriera austriaca di Cavalcaselle. Le polveri là giacenti sarebbero state prelevate in tempo di guerra per poi portarle all’interno del bastione Querini, a Peschiera. La polveriera era situata sull’attuale strada che collega località Confine con Colà, in territorio di Lazise. Si possono ancora vedere il pozzo e il posto di guardia, inglobato in una casa colonica. I volontari avevano assoluto bisogno di polvere da sparo. La decisione di impadronirsi della polveriera fu immediata. Le operazioni iniziano già il 10 aprile e l’11 aprile cento volontari giungono dalla Cadalora, caricano a baionetta per evitare il fuoco dei fucili e l’esplosione della polveriera, che custodisce 582 barili di polvere e moltissime cartucce a palla. Gli austriaci escono dalla caserma Campofiore di Verona al comando del generale Guglielmo Thurm Taxis. Il Taxis si porta a Cavalcaselle con ben 3000 uomini, deciso a fare pulizia dei volontari lombardi. I soldati sono tutti veterani, i volontari per lo più studenti, avvocati, letterati, entusiasti e poco esperti. Inizia quindi una accanita e sanguinosa lotta con una vera e propria carneficina fra volontari e civili. I morti non si contano. La polveriera salta in aria per mano di uno studente milanese di nome Bossi. Il paese di Castelnuovo brucia per giorni. Ben 116 case su 172 vengono distrutte. Una vera strage che Castelnuovo ricorda ancora. «Sono passati oltre 150 anni», afferma Sergio Girardi, studioso locale della storia risorgimentale che anche quest’anno porterà un mazzo di fiori alla polveriera per commemorare l’episodio, «ma ancora oggi è vivo il ricordo. Gli austriaci assalirono anche la chiesa, luogo sacro, dove erano asserragliati tantissimi paesani. Fu una strage. Ben lo ricorda un affresco nella parrocchiale di Castelnuovo caro alla gente del luogo». Oggi i resti della polveriera, emblema e causa della strage, sono lì privi ormai di significato per le nuove generazioni. «Quasi nessuno», prosegue Girardi, «a Lazise sa dell’esistenza della struttura militare, piena di cuniculi e segno importante della nostra storia risorgimentale». «Non va dimenticato», conclude Girardi, «il sacrificio di don Antonio Oliosi, coadiutore di Castelnuovo: morì a Salisburgo dopo essere stato prigioniero a Castelvecchio e umiliato in tutti i modi».

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