Questa sera a Borghetto viene consegnato il premio Nodo d’Amore a Piero Marcolini giornalista e autore di libri polizieschi per ragazzi
Scene gialle sul Ponte Rotto
Questa sera a Borghetto, nel corso della tavolata sul ponte visconteo, sarà consegnato un premio speciale all’Arena per aver seguito in tutti questi anni la manifestazione. E a Piero Marcolini, giornalista e autore di gialli per ragazzi, sarà consegnato il premio «Nodo d’Amore». Ma Valeggio e la valle del Mincio hanno già fatto da scenario in un romanzo del più celebre autore di polizieschi all’italiana: Giorgio Scerbanenco. Il titolo del libro è «Elsa e l’ultimo uomo». Giorgio Scerbanenco nacque a Kiev nel 1911. Il padre era un professore di greco di origine ucraina. La madre, che era mantovana, portò il piccolo Giorgio a Milano mentre infuriava la Rivoluzione d’Ottobre, durante la quale si persero le tracce del padre. Scerbanenco cominciò a scrivere su settimanali femminili. Dopo un incontro con Oreste del Buono, cominciò a comporre storie «nere»: «Venere privata», «Traditori di tutti», «I ragazzi del massacro», cui seguiranno le raccolte uscite postume dei racconti di «Milano calibro 9» e de «Il centodelitti». Quest’uomo triste e desolato, morì a Milano nel 1969, divenuto suo malgrado un classico, dopo aver ottenuto nel 1966 il «Grand Prix de la Litérature policière». «Elsa e l’ultimo uomo» fu pubblicato prima a puntate sul settimanale «Annabella» e quindi in un libro pubblicato da Rizzoli nel 1958, ripreso in nuova edizione nel febbraio 1975. «Questa è la storia di un uomo cattivo», recita la fascetta, «e di una donna innamorata di lui. Per la protagonista, Elsa, è un’esperienza terribile scoprire chi sia veramente l’uomo che ama». Il libro è ambientato a Mantova ma vi campeggiano pittorescamente nel giallo-rosa altre visioni del Mincio: Valeggio, Borghetto, il castello scaligero, il ponte visconteo (Ponte Rotto), come si possono cogliere sfogliando il volume nei vari passaggi. A pagina 101: «…Caro Antonio, non venirmi a prendere, vado per conto mio a Borghetto, poi verrò a trovarti e ti spiegherò»; a pag. 103: «Dopo Valeggio, sotto il sole che diveniva sempre più caldo, nel gran mare di verde dei campi gonfi di rigoglio primaverile, imboccarono il Ponte Rotto». Altre impressioni in sequenza. A pagina 104: «Si sporse dal finestrino e vide alle spalle il torreggiante castello di Valeggio. Davanti a loro il ponte attraversava tutta la vallata del Mincio, la strada sul ponte era nuova, asfaltata, ma era sostenuta da diroccate, dilaniate, antiche mura». A pagina 107: «Guarda! gli disse Elsa aprendo le finestrine sul tetto. Da lì si vedeva tutta la vallata del Mincio, il nastro del fiume tortuoso e scintillante al sole, il Ponte Rotto, e sullo sfondo il castello di Valeggio. L’anno scorso sono stata qui io, e ho dovuto scappare, perché se no ingrassavo troppo». Come non pensare al piatto tipico valeggiano, ai tortellini. A pagina 127: «Tutto era splendente, il sole alto e caldo, l’acqua verde trasparente del Mincio, e la grande valle dove il fiume scorreva sotto il cielo azzurro…» Valeggio potrebbe dedicare una via al romanziere italo-russo che lo coinvolge in prima persona, lasciando stare certe figure che col paese c’entrano come i cavoli a merenda.