giovedì, Marzo 28, 2024
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8 settembre 1943 … e mesi successivi. Il film “Tutti a casa” di Luigi Comencini.

“Ho scoperto l’8 settembre al cinema”

Ho scoperto l'8 settembre del '43 al cinema con il film “Tutti a casa” di  Luigi Comencini (il regista, nato a Salò  l'8 giugno 1916, ancora oggi dimenticato dalla toponomastica salodiana).

Con questo film, egli ci ha consegnato una pagina tremenda della nostra storia, nei confronti della quale non sappiamo ancora se piangere o vergognarci. Certo, non serve che chiudiamo gli occhi o, peggio ancora, che la dimentichiamo. In quella pagina ci sono rappresentati gli italiani, cioè noi, coi nostri mali storici e con le nostre vigliaccherie quotidiane, quegli stessi mali che già i versi della Commedia dantesca, nel 1300, (Purgatorio, canto VI) avevano tanto stigmatizzato quando parlavano di un'Italia asservita, “di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta…”.

Ho ben presente, nel film, la maschera grottesca di Alberto Sordi, e ricordo com'è puntualmente rappresentata quell'arte di arrangiarsi degli Italiani messa in campo nella confusione più totale il giorno dell'armistizio, confusione drammaticamente diffusasi anche nei mesi successivi, fino a diventare causa (ma non la sola!) di scelte di vita o di morte, di complicità col nemico  o di resistenza (morale o armata) ad esso. Che brutta storia! Ne abbiamo pagate le conseguenze per decenni, una volta finita la guerra, e i conti non sono ancora finiti, dopo settant'anni.

Ero un bambino negli anni Cinquanta, frequentavo le elementari. Un giorno un signore mi disse: “Lo sai che viviamo in un bel paese? Anzi, in un paese ricco di storia! Salò è stata capitale d'Italia. Non dimenticartelo, devi esserne fiero!”

Quel bambino è cresciuto ed ha studiato la storia fino al punto da trovare ingannevoli quelle parole, ma allora, la  fierezza di quel signore gli trasmise per un certo tempo un pizzico di orgoglio. Quanti paesi italiani, mi chiedevo, potevano vantarsi di essere stati capitale di uno stato?

Addirittura, il nome del paese era lo stesso dello stato: repubblica di Salò! Una repubblica ben diversa, però, dalla Repubblica di San Marino, per dire una repubblica che mi viene in punta di lingua.Divenuto adulto,  avendo  assunto un ruolo pubblico nel mio paese, ho cercato in più occasioni di farmi spiegare i motivi di questa onomastica storico-politica. Da che cosa trae origine il collegamento repubblica-Salò per indicare la RSI, cioè la Repubblica sociale italiana, visto che il governo di quella Repubblica non risiedeva a Salò e che i ministeri, spesso quelli più importanti, erano disseminati su diverse città e località del Nord Italia? Ricordo di averlo chiesto in una trasmissione televisiva, condotta da Bruno Vespa, al professor Nicola Tranfaglia, senza ottenere una risposta plausibile.

Ma ricordo anche di essere stato in qualche modo rimproverato da qualche operatore turistico locale per aver osato trattare l'argomento come se me ne vergognassi. Mi si accusava di non capire l'importanza di utilizzare gli eventi storici del 1943-‘45, non importa se umilianti o sanguinosi, a vantaggio dell'economia del lago. Insomma, pare che i turisti vengano a Salò solo per scoprirne la morbosità della storia e per ripercorrere i luoghi della Rsi.

Dal canto mio, sono stato sempre più interessato a conoscere le cause dei fatti, a comprendere gli sviluppi degli avvenimenti, a indagare criticamente nelle vicende di quel tempo. Non a caso, fin dal 1984, avevo proposto e ottenuto dal Consiglio comunale di Salò un voto unanimesull'istituzione di un “Centro studi sul periodo storico della Rsi”. La cosa si fece, ma solo  dopo più di un decennio. Ma di questo ritengo che si debba parlare in un prossimo numero con il professor Roberto Chiarini, direttore del Centro studi di Salò.

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