giovedì, Aprile 18, 2024
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In occasione della festa di Santa Barbara, il motorista della Marina Bepi Campagnari apre lo scrigno dei ricordi «Il mio sommergibile fu silurato e soltanto un boccaporto si aprì»

«Sento ancora le urla dei compagni»

Solino e fischietto con il nocchiere che chiama tutti i marinai a raccolta, sul porto, di fronte al monumento ai Caduti. E gli uomini in divisa bianca e blu di Peschiera e Lazise saranno pronti e numerosi per partecipare alla loro festa annuale che si tiene oggi a bordo della motonave Tonale appositamente messa a disposizione dalla società Navigarda, che gestisce la navigazione sui laghi Maggiore e di Garda. L’appuntamento è per le 10 al porto di Peschiera dove ci sarà la banda musicale ad accogliere i marinai. Alle 10,30 imbarco sulla motonave per la celebrazione della messa in ricordo di tutti i marinai caduti in tutte le guerre. Quindi il rito a terra con gagliardetti e corona di alloro per la deposizione al monumento al marinaio. Alle 12,30 imbarco e pranzo sulla notonave. Verso le 13 la motonave Tonale attraccherà al pontile di Lazise per consentire la deposizione di un mazzo di fiori al monumento al marinaio collocato sul lungolago Marconi. Un’occasione questa della festa dei marinai che fa riaprire lo scrigno dei ricordi al lacisiense Bepi Campagnari motorista della Regia Marina. «Mi sveglio di notte anche adesso che son passati più di cinquant’anni», spiega con le lacrime agli occhi «perché quello che hai vissuto in quella tremenda guerra non lo puoi proprio dimenticare. A mia moglie, che mi chiede perché non dormo», prosegue Bepi, «dico cne non ho sonno, ma sono i ricordi delle urla disperate dei miei compagni che, feriti a morte, chiamavano la mamma, prima di scendere negli abissi del mare Mediterraneo quando il cacciatorpediniere inglese ci ha colpito. E non posso dormire». L’avventura di Campagnari ha del romanzesco, ma è tutta storia vera. Era imbarcato sul sommergibile della marina italiana, dal nome africano «Ashanghi» come motorista. Assieme a lui altri 48 uomini di equipaggio, impegnato in un’azione importante, verso la Grecia, contro gli inglesi. I militari italiani affondano un cacciatorpediniere inglese. Si immergono per sfuggire alle altre navi nella attesa di posizionarsi per fare un’altra azione simile. Gli inglesi, muniti di sonar e radar individuano il sommergibile italiano. «Il comandante Mario Fiorini dà l’ordine di immersione veloce a meno 90 metri», spiega dettagliatamente il motorista, «ma le bombe di profondità inglesi ci scoppiano, con immensi boati, vicinissime. Allora il comandante dà ordine di scendere ancora. Scendiamo fino a 128 metri di profondità, ma gli inglesi ci martellano insistentemente. Fiorini dà ordine di emersione veloce e il si salvi chi può». Giunti in superficie, tutti cercano di uscire dai boccaporti, sotto il tiro nemico. Dei tre boccaporti solamente uno si apre. Escono in pochi, forse una ventina. Il fuoco nemico colpisce all’impazzata e si salvano in pochi. Bepi Campagnari si trascina sulle spalle nell’acqua il suo amico Angelo Pippa di Torri del Benaco. È ferito e non vuole lasciarlo in balìa del mare. Fa ogni sforzo per portarlo in salvo. Ma non ne può più e allora Pippa lo invita a lasciarlo andare dicendogli: «Porta i miei baci a mia madre e dille che si ricordi di me», ricorda tra le lacrime Campagnari. «L’ho visto sprofondare giù… non lo potrò mai dimenticare». Alla madre a Lazise arriva un messaggio della Regia Marina, portato a mano dall’arciprete monsignor Fortunato Mantovani e dal sindaco Gaetano Delaini, con cui si avvisa che il motorista è disperso a seguito di una azione di guerra nei mari del Mediterraneo. La madre non ci crede e con un gesto di rabbia lancia uno zoccolo all’indirizzo delle autorità giunte a casa a darle la ferale notizia. In cuor suo non vuole credere che Bepi sia morto. E ha ragione. Dopo molte ore, finita la battaglia, Campagnari viene raccolto dagli inglesi e portato dapprima a La Valletta, sull’isola di Malta, poi in aereo, attraverso il deserto, in un campo di concentramento inglese nel Nord dell’Africa. Resta prigioniero degli inglesi per circa tre anni. «Un caldo soffocante e umido, senza far niente» – scandisce Campagnari, «con solamente tè e qualche scatoletta di beef (carne di manzo in scatola). Noi volevamo i sandwich, ovvero i panini, ma gli inglesi ci tenevano a dieta ferrea. Ero irriconoscibile». A Lazise tutti sono convinti della morte di Campagnari. Tre anni senza alcuna notizia e con tanto di comunicazione ufficiale della Regia Marina. L’unica a sperare in un ritorno, la mamma, come sempre. Campagnari arriva a Lazise, dopo un lungo e impervio viaggio, dall’Africa a Napoli con una vecchia nave. Da Napoli a Verona con il treno, uno scassato e arrugginito carro bestiame. Da Verona a Lazise a piedi. «Sono giunto in piazza Vittorio Emanuele e nessuno mi ha riconosciuto» conclude, «neanche mia sorella, subito. Dopo è stata una festa. Ricordo il pianto ed i baci di mia madre, l’unica a credere nel mio ritorno». E adesso a Bepi non restano che i ricordi, ricordi di gioventù, della guerra, che ha lasciato il segno indelebile nella sua memoria. Una memoria di ferro, che ricorda tutto, anche le parole scritte su dei foglietti ormai laceri. La sua mente non vuole dimenticare.

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