mercoledì, Aprile 24, 2024
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Archeologia & salvaguardia. La trasmissione di Linea Verde ha riportato nuovamente alla ribalta il reperto che giace nei fondali antistanti il porto di Lzise. Il cineamatore Scipolo: « Se ritardiamo ancora il recupero, se ne va un pezzo di storia»

Sos per la fusta veneziana dimenticata

È tornata alla ribalta, ancora una volta grazie al potente mezzo della televisione, la fusta veneziana affondata nel giugno del 1509 nelle acque antistanti il porto di Lazise. E le immagini prodotte dal piccolo robot, appositamente immerso dai tecnici della Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto sono state di una chiarezza e di una luminosità unica, migliori in assoluto rispetto a quelle riportate in superficie dal piccolo sommergibile di Picard di oltre un ventennio fa. Nonostante il sito cosparso di limi, il copioso fango e la nebulosità di fondo del luogo, le immagini riportate in superficie sono apparse stupende, commoventi, quasi surreali. Una sorta di paesaggio lunare, come ha prontamente commentato il conduttore di Linea Verde della Raiuno Guido Barendson, ma che hanno dato una visione di insieme spettacolare, riportando finalmente alla visione di un larghissimo pubblico una parte autentica dell’antica storia di Lazise e del lago di Garda. I resti della fusta, della nave da guerra e di trasporto affondata nel Cinquecento dai veneziani affinché non cadesse in mano francese, riportano in discussione la valenza dei reperti sia dal punto di vista storico che scientifico. I resti, perché di resti si tratta, in quanto molta parte della imbarcazione e della chiglia sono andati distrutti dall’incendio, sono ancora molto ben conservati proprio perché le acque del lago, prive di parassiti e microrganismi invece presenti nelle acque salate del mare, costituiscono una sorta di «habitat» naturale, che conserva egregiamente i legni della fusta. Lo ha chiaramente espresso Massimo Capulli, esperto in materia, presente alle operazioni di immersione del piccolo robot ed alla «cattura» delle immagini provenienti dai fondali antistanti la storica dogana veneta. «Non sono un esperto e non conosco minimamente le reazioni dei legni sommersi in caso di emersione», commenta il cineamatore che da tempo s’interessa al relitto, Alberto Scipolo, «ma ritengo che il reperto sia un vero tesoro per la città di Lazise. Se ritardiamo ancora, perdiamo un pezzo di storia». «Intorno alla fusta» spiega Scipolo, «ho lavorato molto, con filmati, con ricerche storiche, realizzando anche delle miniature dell’imbarcazione, proprio perché merita che il reperto venga recuperato». «Ritengo», sottolinea con passione Scipolo, «che un reperto di questo spessore debba trovare una degna collocazione museale per i posteri come documentazione fondamentale di storia».

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