sabato, Aprile 20, 2024
HomeCulturaTormenti ed enigmi della diva Maria Callas
La mattina del 16 settembre del 1977, il soprano più amato e popolare della storia fu trovato morto in circostanze misteriose. Era nata per cantare, ma aveva un rapporto di amore e odio con la sua voce

Tormenti ed enigmi della diva Maria Callas

Sul palcoscenico è stata Violetta e Norma, Aida e Turandot, Tosca ed Eleonora, e a ogni eroina del melodramma ha conferito dolcezza e carattere, fragilità e passione. Ma soprattutto è stata Maria Callas, «la divina», creatura reale e personaggio da leggenda, nata per stupire il mondo. A un quarto di secolo dalla sua morte, avvenuta nella notte tra il 15 e il 16 settembre 1977, la popolarità della soprano più amata della storia non accenna a diminuire: mentre arriva nelle sale cinematografiche il film di Franco Zeffirelli Callas Forever, interpretato da Fanny Ardant, ricostruiamo con Renzo Allegri le origini d’un mito. Giornalista e scrittore, Renzo Allegri è attualmente collabora alla rivista giapponese Hongaku No Tomo, una delle più autorevoli pubblicazioni musicali del mondo, e ha pubblicato una quarantina di libri, tre dei quali dedicati alla Callas. – Lei ha conosciuto personalmente Maria Callas: come la ricorda? «Scoprii la sua bravura a metà degli anni Cinquanta, quando ancora non facevo il giornalista, ma ero già appassionato di lirica. Quando poi iniziai a occuparmi di musica per i giornali, so- gnavo di incontrarla, ma sapevo che era impossibile perché la Callas non aveva simpatia per i giornalisti e io per di più ero uno sconosciuto. Ma un giorno del ’73 andai a Torino per un reportage sul- l’inaugurazione del Nuovo Teatro Regio, finalmente ricostruito dopo i bombardamenti della guerra: l’inaugurazione avveniva con I vespri siciliani di Ver- di, diretti da Giuseppe Di Stefano e Ma- ria Callas. Intervistai Di Stefano, che co- noscevo già bene. Al termine dell’intervista gli chiesi se potevo mettere qualche frase in bocca alla Callas, visto che firmavano la regia insieme. “Perché non lo domandi a lei?”, disse Di Stefano. “Impossibile – gli risposi – ci sono duecento giornalisti venuti da tutto il mondo e non ha voluto neppure farsi vedere, immagina se parla con me”. Di Stefano mi prese sottobraccio e mi portò da Ma- ria Callas. Le disse: “Questo è un giovane giornalista amico mio che ha una gran paura di te”. Lei si mise a ridere, io arrossii, non sapevo cosa dire, ma lei mi fece coraggio e alla fine uscii da quella camera con una lunga intervista esclusiva. In seguito la intervistai numerose volte. Era una donna misteriosa, affascinante. Quando parlava, aveva un tono di voce freddo, da manager. Quando ti guardava, il suo sguardo ti penetrava nel cuore: non era uno sguardo cattivo, sembrava piuttosto quello di una bambina timorosa e indecisa». – Nel libro Callas by Callas lei ha scritto che le sue interpretazioni, anche quelle che risalgono agli Anni ’50, non appaiono datate: che cosa rendeva la sua voce così unica da essere senza tempo? «Le interpretazioni della Callas sono senza tempo perché sono arte pura. Vivificava la musica. Ogni frase melodica che usciva dalla sua bocca era perfetta, tornita, libera da orpelli. Entrava nel personaggio come in un vestito cucito su di lei. “Diventava” il personaggio che stava interpretando, ne dava una rappresentazione che era “la verità”. E la verità non conosce mode, non cambia nel tempo, non può essere migliorata. È un capolavoro per sempre». – Cosa significava per lei la musica? «Il canto per Maria significava la vi- ta. Era nata per cantare. Già a 10 anni, a New York, partecipava a concorsi radiofonici vincendoli sempre. Lo studio della musica, del pianoforte e del canto non le pesò mai. Quando si trasferì in Grecia e studiava con la cantante spagnola Helvira De Hidalgo, si fermava a scuola dalla mattina alla sera. Dopo la sua le- zione, chiedeva d’assistere a quelle degli altri studenti. Non aveva altri interessi al di fuori del canto. E così apprese le tecniche di tutte le voci: soprano, contralto, tenore, baritono e basso». – Che rapporto aveva con la sua voce? «Un rapporto di amore e odio. Amore perché le permetteva di esprimere le emozioni che aveva dentro, odio perché a volte non le concedeva di fare ciò che avrebbe voluto. E questo odio in certi momenti arrivò al punto che avrebbe voluto uccidersi. C’è una lettera terribile che la Callas scrisse nel 1948, quando stava studiando Norma, opera difficilissima, che lei interpretò in modo inimitabile: “Vorrei che la voce mi obbedisse sempre, come voglio io. Ma pare che io voglia troppo. L’organo vocale è ingrato e non rende come vorrei. Anzi, direi che è ribelle e non vuole essere comandato o, per meglio dire, dominato. Vuole sfuggire sempre, e io ne soffro. Certe volte arrivo al punto da invocare la morte per liberarmi dai tormenti e dalle angosce che mi affliggono”». – Fra le tante eroine da lei interpretate sul palcoscenico, quale le assomigliava di più? «È difficile dirlo, perché credo che nessuno abbia mai conosciuto la vera Callas. Maria parlava molto con gli ami- ci, quando era innamorata scriveva let- tere lunghissime, ma ho l’impressione che non abbia mai svelato totalmente il proprio animo a nessuno. Lo faceva con la musica, cantando, ma allora dobbiamo dire che tutti i personaggi da lei interpretati le assomigliavano. Perché ogni volta che interpretava una parte, la sua personalità si annullava per di- venire quella dell’eroina di turno. Il di- rettore d’orchestra Carlo Maria Giulini, che la diresse nella famosa Traviata al- la Scala del 1955, con la regia di Visconti, mi disse un giorno: “Io conosco Maria Callas-Violetta, Maria Callas-Norma, Maria Callas-Amelia, Maria Callas-Leonora eccetera, ma non saprei dire chi sia Maria Callas donna, senza la maschera di un personaggio del melodramma. Maria Callas donna per me è un enigma». – Come un altro mito coevo, Marilyn Monroe, Callas morì in circostanze misteriose, con accanto un flacone di barbiturici. Che idea si è fatto della sua morte? «Sulla fine della Callas sono state fatte molti ipotesi. Suo marito, Giovan Battista Meneghini, sosteneva che era stata uccisa. Giuseppe Di Stefano, che fu suo compagno per alcuni anni, mi ha raccontato che Maria prendeva sonniferi potentissimi per dormire e poi altrettanto potenti stimolanti per svegliarsi; e secondo lui, in quell’altalena di sedativi ed eccitanti alla fine il cuore saltò. Per- sonalmente penso che Maria sia morta quando si rese conto che non poteva più cantare (è la tesi anche del film di Zeffirelli in uscita, ndr). Da allora ebbe inizio il suo drammatico tramonto: la vita solitaria nella casa a Parigi e poi la improvvisa fine la mattina del 16 settembre 1977. In un libro di preghiere che te- neva sul comodino fu trovato un biglietto su cui aveva copiato, qualche settimana prima, le parole di una celebre aria della Gioconda , l’aria che la protagonista canta nel IV atto, prima di pugnalarsi, e che comincia con la parola “suicidio”. Perché aveva copiato quei versi?».

Articoli Correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Dello stesso argomento

- Advertisment -

Ultime notizie

Ultimi Video